Tutti i post della categoria: Politica

Gianfranco Fini: grazie a Pier Ferdinando che ha capito prima di noi la verità sul bipolarismo

postato il 22 Luglio 2011

Gianfranco Fini, leader di Futuro e Libertà, nel suo intervento conclusivo della convention terzopolista “Io cambio l’Italia” ha avuto il coraggio e la lucidità di riconoscere gli errori compiuti in un fase della sua attività politica: da quando, cioè, sciolse An nel Pdl – cedendo all’illusione di un partito di destra di masso moderno e liberale – a quando si rese conto che il Pdl non era che una versione allargata di Forza Italia e che lì era impossibile continuare a fare politica. Cose che noi dell’Udc abbiamo sempre sostenuto e per le quali abbiamo seriamente rischiato di fare una brutta fine: nel 2008, nel 2009 e nel 2010 abbiamo affrontato diverse prove elettorali da soli, nella maggior parte dei casi proprio contro quel Pdl che tanto ci odiava. Fini, oggi pomeriggio, ha tributato dal palco un applauso proprio all’Udc e alla lungimiranza di Pier Ferdinando Casini, riconoscendo che proprio il nostro leader aveva capito, come molto anticipo, come stavano veramente le cose.

Le parole del Presidente Fini non possono che incontrare tutta la nostra approvazione: ma non per un gusto di compiacimento personale (perché proprio come ha detto Casini oggi, dire “io avevo ragione”, oltre ad essere inutile è anche antipatico) ma perché sono la prova che all’interno del nostro Polo (che sia Nuovo, Terzo o Primo decidetelo voi, a me i nomi non interessano!) la coesione e la condivisione degli obiettivi sono evidenti e si sviluppano in un clima di rispetto e stima reciproca. Avete voglia, amici del centrodestra, di pensare di spaccarci lusingando ora uno e ora l’altro, ora promettendo all’Udc o ora a Fli: con noi questo giochetto non fa presa. Il Polo è unito, è coeso. Ed ha ragione. Perché le nostre ragioni sono quelle del Paese.

Giuseppe Portonera

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Voci dalla convention. Il Terzo Polo in ascolto.

postato il 22 Luglio 2011

Una delle grandi novità della convention del Terzo Polo è stata la possibilità di dare il proprio contributo di idee e progetti per cambiare l’Italia attraverso una postazione fornita di tre computer e una ben più tradizionale urna dove lasciare appositi moduli compilati. Comuni cittadini, dirigenti di partito ed eletti hanno così avuto l’occasione per far sentire la loro voce ai leaders del Terzo Polo presenti nel grande auditorium della Conciliazione. L’iniziativa, a giudicare dalla partecipazione e dai contributi, è stata particolarmente gradita. Tante le idee per il nuovo Polo che a detta di tanti deve essere uno spazio politico di libertà, dove merito ed esperienza sono gli unici criteri di affermazione e le donne hanno particolare spazio e considerazione. Forte, da parte della base, è la richiesta di un programma chiaro in pochi punti, la richiesta di un impegno concreto contro gli sprechi della politica, e di una presenza forte ed unita delle forze del Terzo Polo nelle realtà locali. Non manca la richiesta di un deciso ricambio generazionale che in alcuni interventi, con buon senso non comune, viene definito “non radicale, ma progressivo”. Tante altre proposte, mentre si succedono gli ultimi interventi, continuano ad essere salvate nei tre pc e altre ancora vanno a riempire l’urna trasparente, tutte completano in modo diverso l’incipit “io cambio l’Italia con…”. E c’è spazio anche per la saggezza, quella saggezza che viene dal vissuto quotidiano della gente e che dice: “ciascuno può cambiare il mondo, iniziando da se stesso”.

“Riceviamo e pubblichiamo”, di Adriano Frinchi

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Voci dalla convention. L’italia migliore al centro.

postato il 22 Luglio 2011

Porsi come alternativa all’attuale bipolarismo significa essere diversi, essere in grado di invertire la rotta, mettersi in gioco. Essere alternativa significa anche far parlare chi, troppo spesso, é lasciato ai margini della società, far parlare chi in Italia lavora davvero, ogni giorno, chi nella società vive e, con difficoltà, sopravvive, é già un segnale forte e determinante. Brillante per questo motivo è stato l’intervento di Monica Lucarelli, presidente dei giovani di Confindustria Lazio che, dopo molti anni, porta sul palco di un incontro politico dei problemi reali, veri. Una donna, una madre, un’imprenditrice che parla delle difficoltà che ogni giorno si incontrano e che, nonostante tutto, ha ancora speranza e voglia di portare avanti proposte e soluzioni.

Il cambiamento passa anche di qui: nell’accettare e nell’attuare le riforme che servono e che hanno, come scopo, il bene comune. Proposte semplici per problemi articolati e con radici profonde, ma ancora risolvibili.

Investire su giovani e donne, permettere ai ragazzi di andare all’estero per formarsi e fare esperienza, ma portare avanti piani strategici che permettano loro di ritornare in Italia, creare una banca dati nazionale delle eccellenze, sia per il privato che per il pubblico, far sì che ci sia una maggiore coesione tra scuola e lavoro, in modo da favorire una formazione eterogenea ed utile, puntare sui settori strategici di sviluppo, dimostrare di meritare il titolo di settima potenza economica mondiale ma, soprattutto, riportare nel nostro Paese regole e coscienza civile. Soltanto con responsabilità e determinazione si può costruire una valida alternativa. Dobbiamo essere qualcosa di diverso e parlare diversamente dell’Italia e dare, finalmente, risposte concrete.

Riceviamo e pubblichiamo Marta Romano
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Sì al terzo polo dal 12%degli italiani (Renato Mannheimer – Corriere della Sera)

postato il 22 Luglio 2011
La convention del Terzo Polo comincia in qualche modo sulle pagine del Corriere della Sera dove il sondaggista Renato Mannheimer propone un’indagine sull’ipotesi e l’eventuale ruolo di una forza politica che si collochi tra gli schieramenti di centrodestra e centrosinistra. Ecco l’analisi dei dati proposta da Manneheimer.

Si ritorna a parlare, in questi giorni, dell’ipotesi (e del ruolo) di un «terzo polo» , che si collochi tra gli schieramenti maggiori di centrodestra e di centrosinistra. A questo progetto stanno lavorando da tempo i leader di almeno tre forze politiche (Casini, Fini, Rutelli) che, assieme al Mpa di Lombardo, hanno in programma per oggi una sorta di costituente comune, all’interno della quale si potrebbero rafforzare i legami e i propositi di collaborazione già espressi da tempo. Quali sono le reali potenzialità di una formazione siffatta? E quale il ruolo che potrebbe giocare nello scenario politico? Sulla base dei sondaggi più recenti, circa il 12%degli italiani afferma di voler votare per una delle tre componenti attuali del terzo polo (anche se, ovviamente, non è detto che confermino questa scelta nel caso di una loro più stretta aggregazione). A costoro si possono affiancare i cosiddetti elettori potenziali, vale a dire coloro che, pur non avendo ancora deciso di votare per uno dei tre partiti, dichiarano di prendere comunque in considerazione questa eventualità. Si tratta, in altre parole, del possibile terreno di espansione elettorale del terzo polo. Questo mercato potenziale aggiuntivo è assai ampio— attorno al 25%— ma, naturalmente, non facile da conquistare, dato che attualmente i suoi componenti dichiarano di fare scelte diverse: molti votano oggi Pd, ma molti altri affermano di essere  indecisi sul partito da scegliere. In che misura, secondo questi elettori, le tre forze politiche che vorrebbero costituire il terzo polo devono realmente unirsi tra loro? Sulla questione si riscontrano opinioni divergenti. È vero infatti che la maggioranza relativa (44%) degli elettori attuali per una delle componenti del terzo polo dichiara di auspicare un partito unico. Ma è vero anche che una quota di poco inferiore (40%) suggerisce invece la costituzione di una mera coalizione, ove ciascun partito mantiene la propria identità. E che tra gli elettori potenziali quest’ultima opinione è addirittura prevalente. Non è detto, dunque, che l’unità tout court sia la soluzione più ambita. Ma, alla fine, si uniranno davvero in qualche modo tra loro Api, Fli e Udc? Secondo la maggioranza relativa dei loro votanti (e dell’elettorato in generale), l’intenzione in realtà c’è, ma manca ancora la chiarezza sul percorso da intraprendere. Anche se molti (38%degli italiani), persino all’interno dello stesso elettorato del terzo polo (ove costituiscono il 35%), si dichiarano scettici e affermano di credere poco alla reale volontà di fondersi da parte di queste tre forze politiche. Qualunque forma esso finisca con il prendere, il terzo polo dovrà decidere quale ruolo assumere nello scenario politico. Correre da solo o allearsi? E con chi? La chiara maggioranza (48%) dei votanti attuali e potenziali per il terzo polo suggerisce di non legarsi a nessuno, riservandosi quindi una indipendenza nelle scelte future. Tra i restanti, si equivalgono coloro che indicano il centrodestra o il centrosinistra come possibile partner (ma tra gli elettori potenziali prevale l’indicazione per il centrosinistra). La scelta è di grande rilievo, specie con questo sistema elettorale, in quanto l’alleanza del terzo polo con l’una o con l’altra delle coalizioni maggiori è dirimente per l’assegnazione del premio di maggioranza. Il peso del terzo polo e gli orientamenti che esso, prima o poi, dovrà prendere appaiono dunque decisivi per la futura configurazione dello scenario politico. Anche di qui l’invito, espresso dagli intervistati nel sondaggio, di fare finalmente luce sulle scelte e sugli orientamenti futuri delle forze politiche di centro.
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Terzo Polo, adesso è il nostro tempo. Cambiamo l’Italia.

postato il 21 Luglio 2011

La convention terzopolista che si terrà venerdì all’Auditorium della Conciliazione a Roma e vedrà uniti Udc, Fli, Mpa e Api, ha un titolo forte: “Io cambio l’Italia”. Che non è uno slogan messo lì per dire tutto e non dire niente, ma la ragione politica e amministrativa per cui in Italia c’è bisogno di un Polo terzo fra due che non funzionano e fanno acqua da tutte le parti. È lo stesso leit-motiv, lo stesso mantra che noi dell’Udc conosciamo bene. Perché ce lo ripetiamo e lo ripetiamo agli elettori da quel lontano (solo temporalmente, però) 2 dicembre 2006, quando – a Palermo – si consumò una drastica scelta: avevamo capito che la Casa delle Libertà era ormai morta e la coalizione di centrodestra non era più in grado di dare soddisfacenti risposte all’Italia: qualcuno ci arrivò più tardi di noi e penso bene di sistemare la faccenda, sostituendo alla coalizione un megapartitone senz’anima, in cui o si vince (e si osanna il capo) o si perde (e si muore).

Noi, che siamo sempre stati piccoli, ma orgogliosi e testardi, abbiamo scelto di imboccare una strada solitaria, una strada impervia e tortuosa: e per molto tempo non c’è stato nessuno che ci tendesse la mano e che ci aiutasse; ci facevamo compagnia tra di noi, ci sostenevamo a vicenda: ci colpivano, ci schernivano (quante volte ho sentito decretare la nostra resa, in cambio di dorate poltrone) e noi restavamo fermi sulle nostre posizioni. È stato il tempo delle formiche: abbiamo affrontano diverse tornate elettorali e siccome (e chissà come mai) i nostri voti non accennavano a diminuire, ma restavano anch’essi saldi, abbiamo cominciato a sentirci dire che dalla nostra posizione di irrilevanza e di assoluta minorità non ci saremmo mai schiodati. Ne abbiamo sentite di così tante e di così grosse: ma tant’è. Perché essere formiche vuol dire anche saper incassare i colpi senza farsi male, lavorando tutti insieme per il bene del proprio formicaio. Ed è stato proprio così che lungo quel nostro cammino, quella lunga traversata nel deserto, abbiamo trovato nuovi compagni. Noi, piccole formiche, non eravamo più sole. E nemmeno più piccole.

Nel frattempo, infatti, l’Italia che i leader del bipolarismo/bipartitismo de noantri non solo non accennava a nascere, ma in più assumeva connotati e fattezze sempre più difficili e dure. L’illusione di un Paese migliore senza quei fastidiosi “uddicinni” è crollata e la realtà ci ha mostrato tutte le difficoltà che incombevano su di noi, peggio della spada di Damocle. E noi, che al formicaio-paese teniamo ancor di più rispetto al formicaio-partito, abbiamo cominciato a predicare “responsabilità”, “coesione”, “unità”. E, vuoi o non vuoi, “loro” – quelli che tanto ci disprezzavano – hanno dovuto ascoltarci. Hanno dovuto darci ragione. Intorno alle nostre parole d’ordine, ai nostri progetti, abbiamo aggregato un Polo – insieme agli amici incontrati per strada e che come noi e con noi vogliono cambiare l’Italia. Il “loro” tempo è finito. È scaduto tra scandali, festini, onesti-solo-a-parole, compravendite e fallimenti. Ora è il nostro momento.

Amici del Terzo Polo, amici dell’Udc, di Fli, dell’Api, del Mpa: è la nostra occasione. Ma c’è bisogno di un’altra prova di coraggio: lasciare le nostre case per aprirci al mondo esterno, per cominciare a progettare anche una grande casa comune che ci ospiti tutti. La fuori c’è l’Italia vera. L’Italia che aspetta solo di essere ascoltata e sostenuta. C’è un’Italia che è stanca delle continue e infruttuose divisioni da stadio che viviamo ogni giorno, stanca di dover lottare per arrivare a fine mese, stanca di non poter sognare un futuro migliore. C’è un Nord che non ne può più delle sparate leghiste, che si trova costretto a dover fare i conti con un’agricoltura e un’industria in crisi, che non ne vuole più sapere di essere ingannato quotidianamente. E c’è un Sud che lotta e non si arrende, che ne ha fin sopra i capelli di classi dirigenti fallimentari e spreconi e che non vuole più sentire parlare di mala sanità o istruzione scadente. Ci sono giovani e giovanissimi che come me e tanti altri che sono convinti che le cose si possano cambiare davvero e che lottano per riuscirci; laureati che sono costretti ad emigrare e scappare e che invece rappresentano il futuro del nostro Paese; operai, insegnanti e dottori che dopo aver lottato una vita, si vedono chiusi il proprio posto di lavoro per assenza di fondi; imprenditori soffocati da tasse eccessive e spesso incomprensibili; e si potrebbe continuare per pagine e pagine.

Non possiamo più perdere tempo. Cambiamo l’Italia. Ora. Insieme.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Giuseppe Portonera

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Pdl e Responsabili rinuncino a voto segreto

postato il 20 Luglio 2011

Tutti ci definiscono casta, solo così saremo liberi e forti

In queste ore, fuori da qui, siamo definiti da tutti come una casta. Le ragioni di chi voterà sì o no all’arresto hanno eguale dignità. Vorrei solo che questa sera ciascun parlamentare andando via potesse guardare con dignità gli elettori e Papa. Per questo chiedo al capogruppo del Pdl e a Moffa di consentire che il nostro voto non sia sintomo di autotutela della casta ma espressione di libertà e saremo tutti più forti.

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Il governo in stato confusionale fa male al Paese

postato il 20 Luglio 2011

Quello che è successo stamattina in Aula alla Camera col voto delle mozioni sui rifiuti è inammissibile. Nella mia lunga esperienza parlamentare non mi è mai capitato di vedere un governo che dava parere favorevole e poi votava contro. Il governo è in stato confusionale: vedo che vuole andare avanti, ma così fa male al Paese.

Pier Ferdinando

 

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Casini: «Se ha a cuore l’Italia, Berlusconi dovrebbe lasciare»

postato il 19 Luglio 2011

Il momento è grave, serve un armistizio tra i partiti e un governo politico ma con tecnki di prestigio, pronto a scelte impopolari

L’intervista a Pier Ferdinando Casini pubblicata su ‘Il Gazzettino’ di Giorgio Gasco

Pier Ferdinando Casini, c’è chi vorrebbe un governo tecnico. Ma il Pdl, con Maurizio Sacconi, ribatte che sarebbe come commissariare l’Italia. E poi sarebbe un esecutivo debole.
«Sono d’accordo» risponde il leader dell’Udc.

Allora meglio un governo di responsabilità nazionale?
«Devono esserci governi politici, non tecnici. È la politica che deve capire che bisogna passare ad una fase nuova; ad un armistizio tra le parti; con una serenità di rapporti tra i partiti; con un impegno comune perché l’Italia ha bisogno di scelte impopolari. Il governo tecnico non è una soluzione…» [Continua a leggere]

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Il governo tecnico non e’ una soluzione, rischia di essere un problema.

postato il 18 Luglio 2011

Necessario un armistizio tra le parti in campo

Non esiste l’ipotesi di un governo tecnico. I governi devono essere sempre politici e noi chiediamo un governo politico di responsabilità nazionale. La politica deve capire che bisogna passare ad una fase nuova, un armistizio tra le parti: una serenità nei rapporti tra i partiti, un impegno comune perché l’Italia ha bisogno di scelte impopolari.
E’ da tempo che, inascoltato, dico che il Paese non può andare avanti tra i litigi permanenti, tra la paura delle prossime elezioni e della perdita di voti nelle prossime elezioni. E’ necessario che non ci poniamo il problema di chi perde e di chi guadagna voti, ma facciamo le scelte che sono necessarie all’Italia per superare la crisi.
E il governo tecnico non e’ una soluzione, rischia di essere un problema.

Pier Ferdinando

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Casini: «L’Italia rischia. Non è il momento per governi di parte»

postato il 18 Luglio 2011

Berlusconi deve dimettersi. Ma non servono soluzioni tecniche. Tocca alla politica fare un passo avanti

L’intervista a Pier Ferdinando Casini pubblicata su L’Unità di Susanna Turco

Un governo di responsabilità, guidato dalla politica e non dai tecnici, che guardi alle riforme strutturali necessarie al Paese andando oltre gli interessi di parte. All’indomani di quella che definisce «una bella pagina per l’opposizione», ma solo all’inizio di un dialogo con il Pd sui cui esiti «solo il tempo darà una risposta», Pier Ferdinando Casini, leader Udc, fa un appello per costruire «una nuova fase» che vada «davvero oltre il berlusconismo» senza cadere nell’antipolitica. Superando «quella ricerca di un uomo forte» che a suo dire attraversa alcune frange della sinistra. E senza timori di affermare un bipolarismo diverso, non incompatibile col proporzionale.

All’indomani dell’approvazione della manovra, sono arrivate critiche all’opposizione che ha consentito il sì in tempi record. Rimpianti?
«Sono argomentazioni primitive, che confondono il senso di responsabilità con la corresponsabilità. La manovra, purtroppo, colpisce i soliti noti, vale a dire il ceto medio, e trasferisce i tanti costi del nostro debito pubblico alle famiglie. E senza dare segnali forti, come sarebbe stato il contributo di solidarietà per i redditi più alti».

Come tagliare i costi della politica, magari?
«Certo. Quei tagli, che avevamo chiesto, sono stati alla fine del tutto omessi. Però dobbiamo stare attenti a non sconfinare nella demagogia. Va bene allineare gli stipendi dei parlamentari alla media Ue; ma rifiuto l’idea che, oltre il trenta per cento già tagliato, si possa ridurre ancora il finanziamento ai partiti senza parametrare anche questo dato al livello europeo». [Continua a leggere]

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