postato il 24 Agosto 2012 | in "In evidenza, Riceviamo e pubblichiamo"

Un progetto positivo contro l’Europa delle diffidenze

di Adriano Frinchi

Il giornalista e scrittore svedese Richard Swartz ha pubblicato ieri sul quotidiano Dagens Nyheter un interessante articolo dal titolo “Gli europei, troppo diversi per capirsi”. Swartz nell’articolo sostiene che più che le piccole differenze tra le performance economiche dei paesi dell’Ue, a costituire l’ostacolo principale per la creazione di un’autentica comunità omogenea sono i grandi divari culturali tra gli europei. Si tratta di articolo piuttosto pessimista che se fosse stato pubblicato in Italia sarebbe stato tacciato di euroscetticismo, eppure se il quotidiano Dagens Nyheter, una specie di Corriere della Sera svedese, ha dato spazio a questo editoriale è assai probabile che Swartz interpreti il sentimento di gran parte dei cittadini del nord Europa. Nel fondo del giornalista svedese si legge:

In uno spazio tutto sommato ristretto, 300 milioni di persone devono cercare di dar vita a un’unione, quando di fatto non occorre allontanarsi neanche troppo prima di non essere più in grado di capire ciò che dicono gli altri, di trovare chi mangia o beve cose di cui non abbiamo neanche una vaga idea, chi canta canzoni a noi sconosciute, chi celebra altri eroi, chi ha un rapporto completamente diverso con il tempo, ma anche sogni e demoni differenti.

Per Swartz poi la crisi economica è stata una sorta di momento della verità per l’Europa delle differenze, che si è scoperta molto simile ad un museo degli orrori:

In realtà, è stato necessario attendere la crisi europea per aprire gli occhi sul divario che separa le chiacchiere dalla realtà. Con nostro grande stupore, la crisi ci ha fatto scoprire persone che non avevano mai pagato le tasse, che pensavano che fossero gli altri a dover saldare i loro debiti e che accusavano di dispotismo chi tendeva loro la mano. Ignoravamo l’esistenza di questi europei e non volevamo credere che esistessero. Tuttavia, questa è la realtà che ci circonda, ed è così da tempo.

Swartz non è un populista euroscettico, ma probabilmente nel suo articolo ha dato voce al comune sentire di molti cittadini di Germania, Francia e Scandinavia che, non senza qualche ragione, storcono il naso davanti ai problemi e alle incoerenze dell’Europa mediterranea. Emblematica è a proposito la vicenda del ministro croato con 500 funzionari raccontata dallo scrittore svedese. Fortuna che non ha buttato un’occhio in Italia.

Di questo passo è evidente che l’Europa delle differenze si trasformerà presto in una Europa delle diffidenze, con il risultato che si andranno presto a fare benedire solidarietà europea e forse la stessa Unione.

C’è una modo per evitare la fine del sogno europeo e il ritorno all’Europa degli egoismi?

Una proposta interessante è possibile leggerla oggi sul quotidiano fiammingo De Morgen a firma di Paul Huybrechts che sostiene che l’Europa per superare i suoi problemi di liquidità, solvibilità e legittimità ha bisogno di fiducia e di un progetto positivo.

Scrive Huybrechts:

La crescita ha bisogno di fiducia, una fiducia come quella che si percepiva negli anni successivi alla seconda guerra mondiale. Ecco: ripristinare quella fiducia e creare tra la cittadinanza una volontà a lavorare significativamente di più pur guadagnando di meno è possibile soltanto con un alto livello di legittimità politica. I nostri politici hanno bisogno di un mandato democratico, che sia soggetto a rinnovo ogni cinque anni.

Le conclusioni del Presidente della federazione fiamminga degli investitori sono piuttosto chiare: l’Unione europea deve diventare una unione politica. Per far ciò è però indispensabile avere un “progetto positivo” per l’Europa che ha come perno una Costituzione europea secondo l’intuizione del filosofo  Jürgen Habermas:

Secondo l’interpretazione di Habermas, una Costituzione funge sia da costruzione sia da testo fondamentale di riferimento. Secondo Habermas, in pratica, dobbiamo evitare di vedere l’agognato progetto europeo trasformarsi nel suo esatto contrario, ovvero in una “burocrazia post-democratica”, percepita come oppressiva e ostile dai popoli europei.

 Huybrechts sottolinea che in Germania qualcosa si muove in questo senso e che è necessario che in tutta l’Europa si prepari questo progetto positivo, magari con una consultazione pan-europea che dia legittimità democratica all’unione politica.
Un referendum europeo potrebbe sembrare rischioso ad alcuni di questi tempi, ma dare legittimità e consenso popolare al sogno europeo dei nostri padri forse è l’unico modo perché questo trionfi sulle diffidenze e gli egoismi.
2 Commenti
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mario pezzati
mario pezzati
11 anni fa

l’idea di un referendum paneuropeo è ottima, ma rischia di essere influenzato dai problemi contingenti della crisi.
D’altronde è l’unica strada per dare legittimità ad un progetto di ampio respiro.
Forse bisognava farlo prima, tenendo presente che la nascita di una Europa Unita era un progetto che necessitava di una legittimazione popolare, proprio per le peculiarità della zona geografica: troppe lingue, troppi modi divedere differenti, sorpattutto troppo individualismo anche nello spirito nazionale.
Per i cittadini statunitensi, questo non si è verificato perchè il nucleo, attorno a cui è nata è cresciuta la nazione, era molto coeso (si trattava delle ex-colonie britanniche), a livello linguistico e culturale.
Purtroppo la storia dell’europa è ben più complessa: fino a 70 anni fa, ancora ci si sparava addosso.
Il lavoro per realizzare uan europa unita è lungo e complesso, e deve essere, prima che politico, di ordine culturale, solo così la gente potrà appoggiare questo progetto.

Gattestro
11 anni fa

Per prima cosa complimenti per il bel post.

Per esperienza personale, nel mio piccolo, ho potuto toccare con mano quanto sostenuto da Swartz e francamente non penso gli si possa dar torto. Da un punto di vista culturale e di stile di vita bisogna riconoscere che ci sono davvero alcune differenze fra le popolazioni del nord europa e quelle mediterranee.

Tuttavia, dal mio punto di vista, non sono neanche così gravi e profonde da giustificare una posizione euroscettica.

Inoltre si deve anche riconoscere che gli attuali governi di Spagna, Grecia e Italia si stanno adoperando per trovare la strada giusta, dopo molti anni di “finanza creativa” e gestione un po’ allegra della cosa pubblica. Stanno cioè dando una prova di responsabilità e di serietà, che dovrebbero confortare i nostri concittadini del nord del continente.

@ Mario Pezzati
Generalmente apprezzo i suoi interventi che trovo equilibrati e ben documentati, ma in questo caso mi corre l’obbligo di segnalare che l’ultima guerra in Europa non risale a 70 anni fa, ma purtroppo è ben più recente e si tratta dell’esplosione della ex Jugoslavia avvenuta all’inizio degli anni 90.
Con simpatia 🙂



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