postato il 1 Marzo 2022 | in "Spunti di riflessione"

Ucraina: la pace si difende anche con scelte dolorose

Il mio intervento in Aula dopo le comunicazioni del presidente del Consiglio, Mario Draghi, sugli sviluppi del conflitto tra Russia e Ucraina.

Signor Presidente del Consiglio, viviamo tempi straordinari, in cui è necessario accantonare la propaganda superficiale e arrivare alla sostanza dei problemi. Dobbiamo rimuovere la nostra pigrizia, tornare alla bussola dei valori e degli ideali che hanno spinto tanti di noi alla politica, anche accettando, in un momento come questo, un percorso di sofferenza, perché siamo chiamati a scelte difficili. E poiché lei, signor Presidente del Consiglio, ha opportunamente citato, in conclusione del suo intervento, le parole di De Gasperi, io vorrei citare quelle di Aldo Moro: se dovessimo sbagliare, meglio sbagliare insieme. Se dovessimo riuscire, sarebbe estremamente bello riuscire insieme ed essere sempre insieme, perché questo è il senso di appartenenza alla comunità nazionale.

Cari colleghi, questo è un momento in cui tutti i Gruppi parlamentari sono chiamati a scelte di sofferenza; ma dobbiamo rimuovere la pigrizia superficiale e dire finalmente dei sì e dei no, dobbiamo superare sentimenti generici, quanto inconsistenti, e tornare, colleghi del Senato della Repubblica, alla durezza della politica. La politica è un insieme di decisioni difficili, a volte spiacevoli, a volte impopolari, e può richiedere la necessaria durezza. Vi sono cose giuste e cose sbagliate, vi sono atti buoni e atti cattivi; non si può nascondere tutto in un generico relativismo, come ormai la nostra epoca ci induce a fare. Bisogna attingere alla storia.

Questa mattina, parlando con la senatrice Craxi, mi sono ricordato di un dibattito che ha lacerato gli italiani – lei, presidente Draghi, lo ricorderà – e che ha portato lacerazioni terribili anche nel mondo cattolico: la scelta dell’Italia di rispondere con gli alleati all’installazione degli SS20 sovietici con l’installazione degli euromissili. Una scelta maturata da Cossiga e da Craxi; una scelta apparentemente di guerra, perché stavamo installando gli euromissili nelle città italiane. Ebbene, installare gli euromissili in quel momento ha consentito la più lunga stagione di pace e di distensione negli anni successivi, perché il disarmo è nato dalla decisione dell’Occidente non di esporre le bandiere della pace davanti agli SS20, ma di fare una scelta difficile e impopolare.

Oggi, colleghi, dobbiamo riconoscere tutti una cosa, chi più, chi meno; chi ha onestà intellettuale dipende da se stesso, non facciamo ognuno di noi l’esame agli altri, ma alcuni dovrebbero fare un gigantesco esame di coscienza sull’abbaglio collettivo che abbiamo preso. Nessuno di noi pensava seriamente o voleva pensare che Putin potesse muovere militarmente milioni di persone su Kiev, coinvolgendo tutte le città ucraine nel più grande assalto visto dalla Seconda guerra mondiale; al massimo il Donbass, si diceva, più o meno allargato. Eppure le cose sono andate in modo diametralmente opposto rispetto a tutte le previsioni dei saggisti di geopolitica, dei politici, degli uomini di Governo, qualsiasi essi siano; tutti noi abbiamo sbagliato. Siamo arrivati alle minacce nucleari.

Qualcuno oggi vuole salvarsi ancora la coscienza dicendo: forse abbiamo sbagliato noi, perché siamo stati poco sensibili rispetto al tema dell’allargamento della NATO. Colleghi, dobbiamo avere il coraggio di dire a noi stessi (non agli altri) che questo è un finto argomento, perché Putin sapeva benissimo che la NATO non si sarebbe mai dispiegata in Ucraina (non è certamente uno sprovveduto). Forse, anzi certamente, questi sono gli alibi che i russi stanno in qualche modo usando. Ma noi avevamo deciso di non vedere e non ci siamo chiesti le ragioni di quello che è successo: partenariato per la pace nel 1994 a Pratica di Mare; Russia in Consiglio d’Europa e nel G7; nel 2002 il Consiglio NATO-Russia; nel 2009 Obama è accolto trionfalmente nel nome della distensione a Mosca. Cosa è capitato dopo? È capitato un fatto tale che, se non riusciamo a capirlo, non capiamo nulla di quanto sta succedendo. È accaduto nel 2014 e riguarda quegli “sprovveduti” degli ucraini, come dicono loro; noi diciamo qualcosa di diverso e usiamo le parole del presidente Draghi, inchinandoci al coraggio degli ucraini.

Ma questo popolo ucraino ha avuto l’ardire di decidere e di scegliere un Presidente non filorusso, di scegliere la strada della libertà e di andare in Piazza Maidan. Dal 2014 la risposta russa è stata immediata con l’invasione della Crimea, con l’annessione illegale, con quanto accaduto nel Donbass. Arriviamo così ad oggi, con Putin che dice alla televisione che la sua battaglia è per denazificare l’Ucraina. Colleghi, noi continuiamo a fornire giustificativi? Cerchiamo ancora di far finta, per salvarci la coscienza, di non vedere quello che sta capitando? La libertà ha un costo. Questa vicenda ci richiama drammaticamente al costo della libertà che noi pensavamo di avere acquisito e che non richiedesse nessun sacrificio.

Considerate, colleghi del Senato, che quando si saranno spenti i riflettori su questa vicenda, verrà comunque la stagione dei sacrifici e i distinguo, i se e i ma si moltiplicheranno trasversalmente nelle forze politiche. Noi dobbiamo essere seri! Il Presidente del Consiglio è stato serio oggi, perché ha detto con chiarezza che, assumendo una posizione, ci assumiamo la responsabilità di sacrifici! Sacrifici! Non possiamo non pensare di essere stati irresponsabili come italiani. Io sono il primo perché siedo in Parlamento da tanto tempo, per cui non voglio fare la lezione agli altri, la faccio a me stesso. Tuttavia, un Paese che è passato dal 10 per cento di dipendenza energetica nei confronti della Russia al 43 per cento, ma quale autonomia può avere? Lo dico anche rispetto al fatto di svolgere quell’azione di dialogo che noi vogliamo svolgere, perché nel nostro DNA c’è il multilateralismo, ci sono il dialogo e la pace. Non possiamo avere nessuna capacità negoziale perché noi siamo completamente piegati.
Per questo ho apprezzato – le dico la verità, perché quando ho avuto qualcosa da dire l’ho detta chiaramente – la linea del Governo, perché in questa circostanza l’Esecutivo italiano ha dimostrato di avere le spalle dritte e col Governo lo ha dimostrato il Parlamento. Sto per finire, signora Presidente, dovendo fare anche la dichiarazione di voto, risparmierò poi i minuti successivamente. Dal male a volte nasce il bene, che è il valore dell’unità europea, ce ne rendiamo conto tutti. Anche Orban se ne rende conto oggi. Il bene è anche il valore della NATO: Putin ha resuscitato la NATO, perché chi diceva che era morta oggi deve guardare in faccia la realtà.

Bisogna considerare il valore della nostra indipendenza energetica. Abbiamo, dunque, colleghi la necessità di essere indipendenti e solo così saremo credibili. Penso che in queste ore il Parlamento dovrà compiere delle scelte di sofferenza, lo dico anche per la proposta di risoluzione che verrà presentata. Io so che in molti Gruppi parlamentari c’è una legittima sofferenza, che io rispetto, perché la politica va vissuta anche con sofferenza e se qualcuno, con sofferenza, ha difficoltà a votare questa proposta di risoluzione io lo capisco e lo rispetto, perché so che crede a qualcosa. Non rispetto, invece, colleghi, è chi la vota superficialmente senza capirne le conseguenze, perché pochi minuti fa ci è stato detto che probabilmente dovremo fare dei sacrifici energetici, probabilmente dovremo anche dire alle famiglie e alle imprese che c’è una cinghia da stringere. Questo lo facciamo in nome della nostra libertà, perché è chiaro che questa vicenda drammatica, che gli ucraini giocano in prima persona, mira non solo a distruggere la loro libertà, ma a porre le premesse perché oggi venga negata loro la libertà, magari con un regime fantoccio insediato a Kiev, ma domani, giorno dopo giorno, progressivamente l’insidia si allargherà a ciascuno di noi.

Colleghi, non si tratta di essere guerrafondai, ma di essere pacifisti con intelligenza. La pace si difende anche attraverso scelte dolorose e atti di autonomia: questo è nella tradizione di un grande Paese, che negli anni della Guerra fredda ha optato per l’Europa, per la scelta atlantica, per l’ONU e per la pace. Tutto il resto è retorica piena di buone intenzioni, che non può avere niente a che fare con la responsabilità di legislatori del Parlamento.



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