postato il 21 Agosto 2011 | in "In evidenza, Riceviamo e pubblichiamo, Temi etici"

Siate sempre pronti a testimoniare la Speranza nell’immensa certezza di una Presenza

Mentre sto scrivendo circa due milioni di giovani sono radunati nella piazza dello scalo Cuatro Vientos di Madrid nella grande veglia di preghiera in attesa dell’aurora e della celebrazione eucaristica di domenica mattina con Benedetto XVI che chiuderà la XXVI° Giornata Mondiale della Gioventù. Cosa stanno cercando questi giovani e chi o che cosa li ha richiamati fin qua?

La prima Giornata Mondiale della Gioventù risale alla domenica delle Palme del 1986 sulle radici del Giubileo Internazionale della Gioventù svoltosi in occasione dell’Anno Sacro della Redenzione per ricordare il 1950° anniversario della Risurrezione del Signore.  Trecentomila giovani provenienti da più parti del mondo giunsero in Piazza San Pietro, ospitati da circa seimila famiglie romane. Nell’occasione papa Giovanni Paolo II consegnò una croce di legno ai giovani per simboleggiare l’amore del Signore Gesù per l’umanità .  “Siate siete pronti a testimoniare  la Speranza “ fu il messaggio del pontefice ai giovani. Come doveva essere difficile parlare allora ai giovani di Speranza!  Anni bui in cui si aggirava minaccioso lo spettro della Guerra Fredda e i moti liberali e sindacali dell’Europa Orientale erano schiacciati dal pugno di Mosca, anni in cui l’Italia era stretta nella morsa dell’odio del terrorismo nero e rosso e lo stesso Giovanni Paolo II solo tre anni prima veniva gravemente ferito nell’attentato terroristico di Ali Agcà. Eppure in quegli anni di paura, intolleranza e incapacità di sollevare il proprio sguardo verso il futuro, si dimenava nei cuori un inesprimibile desiderio di libertà che ben presto sarebbe scoppiato disegnando un nuovo mondo.

Ancora oggi è difficile parlare di Speranza, anzi, è molto più difficile. Non sono più le ideologie a gettare l’uomo in catene ma al contrario è il Nulla ad accecare la nostra vista e i nostri cuori.  C’è una constatazione semplice e allo stesso tempo drammatica: nella mentalità diffusa ai nostri giorni, nelle fatiche del vivere quotidiano sembra non sia più possibile nessuna certezza. Viviamo tante crisi che mettono in discussione conoscenze acquisite da tempo e non solo nel campo della politica e dell’economia. Lo percepiamo nel mondo del lavoro, lavoro in cui i giovani pur essendo ancora non entrati lo percepiscono come un fenomeno lontano, astratto, guscio di candida conchiglia vuota, rancida carne di mollusco, interinale, subordinato, usa e getta, navigato, soddisfatto e mai rimborsato. Lo percepiamo nella società dell’amore di plastica dove l’amore è una chimica chimera che attiva solo ormoni e dopammina incapace di incamminarsi in un progetto auntentico e duraturo in una società liquida dove tutto scorre, dove tutto è consumo. Quello che è in gioco oggi è qualcosa di più radicale, è la grande ombra del nichilismo, l’ospite inquietante che turba i nostri tempi e frantuma i nostri sogni con le nostre certezze e i nostri desideri. E’ il Nulla e l’angoscia del Nulla, del vuoto che guarda dentro di te.

Questi due milioni di giovani non sono a Madrid per  una vacanza o una kermesse, sono qui in cerca di qualcosa o qualcuno che dia un senso genuino alla loro esistenza. Cercano qualcosa che li renda protagonisti della loro vita, che li porti a una presenza nella società fatta di una comunione visibile e propositiva, e cercano in primo luogo  di essere felici ponendosi in modo perentorio , clamoroso e anticonformista quella domanda di un senso ultimo e di una felicità da percepire all’interno dell’essere umano, vogliono la Bellezza, vogliono la Verità, vogliono la Giustizia che la lunga mano dell’ospite inquietante ha ucciso!

Questi due milioni di giovani non vogliono un sentimento, vogliono un fatto è quel fatto è una presenza, è Gesù Cristo centro del cosmo e della storia che rende unica e autentica la realtà, quella linea di confine in cui la storia e il mistero dell’uomo si incontrano. Cercano un Dio che non è un principio assoluto assiso nel’alto dei cieli ma fonte di amore, amore puro e disinteressato, amore indissolubile, fiamma d’amore che li renda protagonisti nella loro vita e riguardi tutti gli aspetti del loro essere. Un testo cristiano del II° secolo, la lettera a Diogneto, così descrive i cristiani:

“ I cristiani né per regione, né per voce, né per costumi sono da distinguere dagli altri uomini. 2. Infatti, non abitano città proprie, né usano un gergo che si differenzia, né conducono un genere di vita speciale . La loro dottrina non è nella scoperta del pensiero di uomini multiformi, né essi aderiscono ad una corrente filosofica umana, come fanno gli altri. Vivendo in città greche e barbare, come a ciascuno è capitato, e adeguandosi ai costumi del luogo nel vestito, nel cibo e nel resto, testimoniano un metodo di vita sociale mirabile e indubbiamente paradossale”

I cristiani dunque si comportano come tutti, ciò che cambia è lo spirito che li anima nel fare le cose, uno spirito di Speranza perché hanno un’immensa certezza, l’incontro di un fatto, di una presenza che non li abbandona mai, nemmeno  nelle nelle oscure e fitte nebbie del Nichilismo.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Jakob Panzeri



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