postato il 25 Agosto 2011 | in "Economia, In evidenza, Riceviamo e pubblichiamo"

Quali Eurobond? E per quale politica?

“Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Mantovani.

Pare che stia cadendo il veto franco-tedesco sugli Eurobond, ed è un bene. Oltre che per ragioni contingenti di difesa dei debiti sovrani, rappresentano la naturale evoluzione dell’Euro ed un passo importante verso l’integrazione dell’Europa monetaria. Per di più, in questa fase di crisi di fiducia nei confronti del debito USA, sarebbero una novità probabilmente gradita dai mercati.
Ma quando parliamo di Eurobond, cosa intendiamo esattamente? E come intendiamo utilizzarli?
La lettera di Prodi e Quadrio Curzio al Sole 24 Ore pubblicata lo scorso 23 agosto ha il pregio di fare il punto sulle proposte in campo e di aggiungerne una quarta, sicuramente degna di considerazione. Inoltre, mentre altre proposte hanno per lo più un intento difensivo, questa tenta di coniugare propositi di stabilizzazione e di sviluppo. Tale proposta rimette quindi al centro la politica, troppo assente da questo dibattito, apparentemente destinato alle stanze dei tecnici.
La proposta dei nostri economisti si colloca a tutti gli effetti nell’alveo degli interventi di stampo keynesiano, che dovrebbero garantire lo sviluppo attraverso investimenti pubblici (in infrastrutture nel caso specifico). Cedendo le riserve auree delle banche centrali nazionali a fronte dell’impegno ad acquistare debito, gli Stati completerebbero un percorso di cessione della sovranità monetaria all’Europa, in cambio di un aiuto più efficace in caso di difficoltà a collocare il proprio debito. Ma è l’altro tipo di garanzia che mostra la vera natura della proposta: le quote delle grandi società di rilevanza nazionale (operanti per lo più nell’energia e nelle infrastrutture) diverrebbero così difficilmente cedibili, con la scusa di difenderle dalla speculazione. Pare quasi il preludio di una grande IRI europea, che potrebbe non dispiacere a molti governanti.
L’utilizzo dell’effetto leva sul Fondo così costituito (da riserve auree più partecipazioni) aumenterebbe inoltre il debito complessivo dell’Eurozona, pur riducendo quello dei singoli Stati. L’effetto è quindi un aumento dell’intermediazione pubblica nell’economia europea, a prezzo di un indebitamento ulteriormente crescente, che toglierebbe ogni speranza di una politica fiscale meno penalizzante di quelle attuali.
Il pregio della proposta è di essere politica, ma è questa la politica più adatta per rafforzare l’Eurozona?
E davvero basterebbe a stabilizzare il debito degli Stati? Per questo secondo obiettivo non sarebbe più efficace emettere Eurobond ed impiegarli per acquistare corrispondenti emissioni di debito degli Stati, riservate all’agenzia europea emittente, a tasso identico a quello degli Eurobond, fino a concorrenza del 60% del PIL di ciascun Paese, indipendentemente da situazioni di difficoltà o meno? Gli Eurobond sarebbero garantiti solidalmente da tutti i Paesi dell’Eurozona, potendo anche contare su risorse specifiche del bilancio UE e da una sorta di privilegio sulle entrate fiscali degli Stati.
In questo modo i Paesi virtuosi avrebbero zero o poco debito proprio da emettere, se escludiamo le emissioni “tecniche” riservate all’emittente europea. Gli altri avrebbero quote più o meno alte di debito da sopportare e tendenzialmente da azzerare, dovendo sopportare oneri finanziari che impediscono la riduzione delle imposte, ma in quantità molto più limitate rispetto al PIL e senza indebolire le garanzie. Potrebbero anche cedere quote di società partecipate, a questo scopo.
Quanto agli investimenti in infrastrutture, i vincoli non sono tanto di natura finanziaria quanto politica: project financing e/o project bond servirebbero molto meglio allo scopo. Il problema è riuscire a superare il localismo e gli interessi particolari (vedi i corridoi ferroviari e stradali, ma anche gli oleodotti).
Ciò che davvero preoccupa (e preoccupa molto i mercati finanziari) è il nanismo politico dei governanti europei, spaventati di perdere consenso e condizionati da troppi interessi particolari. Dicano con chiarezza come vorrebbero che fossero la UE e l’Eurozona, i tecnici per realizzare il disegno non mancheranno.



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