postato il 29 Dicembre 2011 | in "In evidenza, Riceviamo e pubblichiamo, Temi etici"

Nigeria: Il sangue dei martiri linfa per una possibile convivenza

“Riceviamo e pubblichiamo” di Jakob Panzeri

Ogni cinque minuti un cristiano viene ucciso a causa della sua fede. Nel 2011 si stimano 105.000 vittime della persecuzione contro i cristiani. Tra il 2000 e il 2010 le vittime sono state 160 mila all’anno. La libertà religiosa, come respiro profondo e autentico dell’uomo per aprirsi all’Infinito, e che comprende anche la libertà di essere a-religiosi, deve essere tutelato come uno dei diritti più fondamentali- Dati dell’Osservatorio contro il razzismo e la xenofobia dell’Osce, organizzazione europea per la sicurezza e per la collaborazione.

“Alcuni  giovani hanno creato dei posti di controllo alle due entrate della strada che conduce alla chiesa di Santa Teresa. L’auto dell’attentatore ha rifiutato di fermarsi. I ragazzi l’hanno seguita fino di fronte alla facciata della chiesa, riuscendo a bloccarla. Mentre stavano discutendo con il guidatore, questi ha fatto esplodere la bomba. Si è quindi trattato di un attentato suicida. Tra le vittime vi  è uno dei nostri giovani della sorveglianza, e almeno 3 membri delle forze dell’ordine, tra cui un musulmano”. A parlare è l’arcivescovo di Abuja mons. Onaiyekan che a Santo Stefano ha incontrato  il  Ministro dell’Interno, per lanciare un forte appello tramite la stampa locale ai musulmani della Nigeria per fare qualcosa. L’obiettivo è sconfiggere le divisioni  alimentate da gruppi estremisti  come la Boko Haram che desiderano imporre la Sharia nel Paese: la convivenza pacifica è possibile :” ”Non e’ il tempo di dire se siamo musulmani o cristiani, dobbiamo affrontare il problema insieme come nigeriani che vivono tutti sotto la minaccia di questa gente. Fra i morti vi erano pure musulmani. Voi siete i veri musulmani, non loro ” La chiesa di Santa Teresa è solo uno dei luoghi di culto preso di mira il giorno di Natale che ha causato circa un centinaio di morti in tutto il paese. Purtroppo non è stato l’unico Natale di sangue, da circa un decennio ci sono contrasti tra cristiani e musulmani, il più grave nella primavera dell’anno scorso in cui la tribù nomade dei fulani nella regione dello Jos uccisero circa 500 persone in tre villaggi cristiani ai piedi delle montagne.

Ad aggravare la frattura fra cristiani e musulmani c’è anche la situazione politica. Proprio in questi giorni la Corte Suprema nigeriana ha confermato la vittoria alle presidenziali di aprile di Goodluck Jonathan, cristiano del Sud, respingendo il ricorso del principale partito moderato musulmano che aveva denunciato brogli. E ora anche associazioni cristiani come l’Alleanza Pentecostale non escludono l’uso delle armi per difendere le proprie comunità e fa scricchiolare ancor più la precaria terza repubblica nigeriana che si sta ancora riprendendo dalla tragedia del Biafra, la guerra civile in cui fu massacrata l’etnia Igbo che chiedeva l’indipendenza, un paese che  ha speso la maggior parte dei proventi del petrolio del Delta del Niger per la ricostruzione. Un paese avviato alla repubblica da  Obasanjo nel 1999 che affogava nella stagnazione economica e nel deterioramento delle istituzioni dopo 16 anni di regime militare. Ma la convivenza è possibile, devono rimanerci nelle orecchie e nel cuore le parole dell’arcivescovo che invita a superare l’odio e la violenza. Perché cristiani e musulmani possono vivere insieme e costruire con ugual contributo la nuova Nigeria.



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