postato il 17 Gennaio 2013 | in "In evidenza, Politica, Riceviamo e pubblichiamo"

La leggenda del voto (in)utile

“Riceviamo e pubblichiamo” di Francesco Scavone

Una buona parte dei nostri rappresentanti è solita fare politica tramite annunci, belle parole, promesse e sogni. E questo è sotto gli occhi di tutti, soprattutto nel periodo della campagna elettorale, quando ognuno promette e dice di tutto. Oggi voglio fare una considerazione sul voto utile, espressione che sta occupando a dismisura gli annunci televisivi degli esponenti dei due poli tradizionali. Ci invitano a non disperdere il voto, a indirizzare le nostre scelte verso gli schieramenti maggiori, convinti di avere il mano le formule vincenti e i numeri adatti.

Ma andiamo per ordine. Questa storia del voto utile non è nuova alla politica, l’abbiamo sentita ripetere più volte. Anche nel 2008, quando il bipolarismo sembrava essere un approdo inevitabile e centrosinistra e centrodestra si spendevano in accorati appelli. I fan di questa visione politica sembrarono avere la meglio: gli italiani assegnarono una maggioranza solida ad uno dei due poli e tagliarono fuori le ali più estreme. In realtà, col senno di poi, dobbiamo renderci conto che questo ragionamento fu inutile e controproducente già allora: una maggioranza bulgara con 100 parlamentari di scarto fu vittoriosa alle urne ma sconfitta alla prova dei fatti. Presto si capì che si era parlato più di numeri e di promesse che di programmi e soluzioni e che uno schieramento così eterogeneo non poteva assolvere completamente il suo compito di Governo. Se  però facciamo uno sforzo di memoria – lo so, noi italiani tendiamo a dimenticare, ma spremiamo le meningi! – ricorderemo che sempre nel 2008 il bipolarismo non cannibalizzò tutto lo scenario partitico e politico. Riuscì a superare la soglia di sbarramento oltre ai due poli solo l’Udc che, dopo una legislatura all’opposizione del Governo Prodi e del predellino di Berlusconi, aveva candidato a premier Casini. C’era già allora la convinzione che vincere non significasse arruolarsi in uno dei due grandi schieramenti e nemmeno richiedere un po’ di potere sedendo nel Governo di turno, bensì testimoniare con audacia una posizione autonoma. E il coraggio fu premiato da molti elettori che non si lasciarono incantare dal ritornello del voto utile e fecero una scelta consapevole, prima dei tanti che a poco a poco hanno sconfessato il bipolarismo, abbandonando i partiti-ammucchiata.

Gli esiti della legislatura appena conclusa sono ben chiari, e con essi il dichiarato fallimento della politica bipolare all’italiana. A cosa servirebbe oggi il voto utile? A riproporre in Parlamento gli stessi schieramenti che hanno fallito in passato? Io non ci sto. Perché sono convinto che un’idea vada calibrata non sulle base dei numeri, ma dei contenuti. Servirebbe una campagna elettorale con meno sondaggi e più programmi, che consideri l’elettore non un numero ma un cittadino a cui offrire concrete soluzioni.

Se ci soffermiamo ancora un attimo a ragionare sulla questione del voto utile possiamo renderci conto di altre contraddizioni. Ci invita a votare per i grandi partiti chi intanto mette su coalizioni formate da tanti partitini satelliti. Fa questi appelli chi dice che questo tipo di voto serva agli italiani a sapere la sera stessa delle elezioni chi governerà, ma poi non ha definito con chiarezza un candidato premier. In mezzo a loro c’è anche Vendola, lui che solo nel 2008, escluso dalla coalizione di centro sinistra, diceva: “Dateci un voto meravigliosamente inutile, sono visceralmente stufo di vivere nella società dell’utilitarismo. E poi, a chi chiede un voto utile, risponderei: utile a chi? A cosa?” Registro con sorpresa che il leader di Sel abbia rimangiato questa considerazione e mi permetto di farla mia.

Sia chiaro: non sto facendo un elogio alla frammentazione, ma delle considerazioni che sono evidenti già di per sé. Mi piacerebbe che tutti i partiti e le formazioni riflettano attentamente su questo tema e la smettano di fare una campagna vuota. Mettiamo in soffitta questo spauracchio del voto utile, insieme a sondaggi pilotati e previsioni apocalittiche. Il mio voto, come quello di tutti gli italiani, ha un valore immenso, non è un numero. Io il 24 e il 25 febbraio voglio fare una scelta non “utile” (né inutile), ma intelligente.



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