postato il 6 Aprile 2010 | in "Economia, In evidenza, Spunti di riflessione"

La benzina sale. Colpa del mercato internazionale o delle inefficienze italiane?

Benzina, foto di Rogimmi“Riceviamo e pubblichiamo”
di Gaspare Compagno

In questi giorni abbiamo visto il dipanarsi di una polemica tra le categorie che difendono i consumatori, in particolare l’Adiconsum, e l’Unione Petrolifera (UP) in merito all’aumento dei prezzi della benzina.
Subito dopo Pasqua, i consumatori hanno trovato una nuova sorpresa, l’ennesimo aumento, complice anche il recente aumento dei prezzi del petrolio.
Però, obbiettano i consumatori, come mai il prezzo del petrolio è a 86 dollari il barile, mentre il prezzo della benzina è allo stesso livello raggiunto quando il prezzo del petrolio era sopra i 100 dollari?
La risposta viene dal dott. De Vita, presidente della UP che dichiara “la doppia velocità dei prezzi del greggio di cui spesso parlano è una favola inventata da loro per far presa sul pubblico”.
Per il dott. De Vita non c’è speculazione e fa rilevare che il prezzo della benzina dipende non solo dal petrolio, ma anche da altri fattori: il costo della raffinazione, il prezzo internazionale dei prodotti raffinati, i costi della distribuzione. Proprio su quest’ultimo punto, secondo De Vita, si potrebbe operare, perchè se si tagliassero 5-6.000 impianti della rete di vendita, si potrebbero recuperare i 3-4 centesimi che ci separano dai prezzi europei.
E’ vero che in Europa la presenza dei self service automatici è più diffusa che in Italia, e che questo permette dei risparmi. E’, in fondo, lo stesso problema che si pone quando si parla di semplificare la rete distributiva dei prodotti agricoli, o quando si fa un raffronto tra i piccoli commercianti e la grande distribuzione.

Tornando al settore petrolifero, quindi, non possiamo che concordare con il dott. De Vita, ma non possiamo fare a meno di rilevare che tagliare 5-6000 impianti significa tagliare posti di lavoro, e non può essere fatto senza un piano strategico alle spalle. Ovviamente questo piano avrebbe dei costi, il problema è stabilire chi si dovrebbe accollare questi costi.
Contemporaneamente, però, non possiamo rilevare che sempre il dott. De Vita, dai primi di febbraio, lamenta il rischio di chiusura di 5 raffinerie sulle 16 presenti in Italia.
Elenca anche quelle a rischio chiusura: Livorno e Pantano in cerca di compratori; Falconara che ha 92 esuberi; Taranto e Gela dove l’attività è provvisoriamente ferma. Anzi, proprio lo stabilimento di Gela, nei giorni scorsi, ha visto molte proteste da parte dei lavoratori, perchè in 500 rischiano il licenziamento. La direzione dello stabilimento petrolchimico siciliano ha comunicato nalle organizzazioni sindacali che tutto è pronto per aprire i cantieri finanziati con investimenti pari a 500 milioni, ma che l’organico dell’indotto sarebbe sovradimensionato di circa due terzi rispetto al reale fabbisogno dell’azienda.

E qui sta la cosa strana. Il 3 febbrario, Pasquale De Vita, presidente della UP (Unione Petrolifera) aveva dichiarato che in Italia ci sono 5 raffinerie a rischio chiusura: tra indotto e lavoratori diretti si parla di 7500 posti di lavoro in meno. Il rischio chiusura era determinato dal calo della domanda di prodotti petroliferi raffinati, che nel 2009 hanno portato ad una perdita secca di un miliardo di euro.
Istintivamente penseremmo che un calo della domanda di prodotti petroliferi raffinati, porterebbe ad una diminuzione dei prezzi di questi prodotti. Invece stranamente questo non avviene. Come mai?
Anche qua De Vita, offre una spiegazione, affermando che è cambiato l’assetto del mercato: da un lato abbiamo i Paesi Ocse che accusano un freno del 4,4% a livello di domanda, mentre quelli non Ocse registrano un aumento del 2%. A livello di singole aree gli USA hanno avuto la frenata maggiore (-4%), mentre la Cina ha visto l’aumento maggiore (+7,2%). Interessante sarebbe valutare l’impatto che potrebbe avere nei prossimi anni, l’eventuale sfruttamento dei giacimenti di idrati di metano da parte della Cina, che le assicurerebbe l’indipendenza energetica per il comparto del gas naturale, ma queste sono considerazioni per il futuro.
Quello che ci preme sottolineare è che il dott. De Vita afferma che le raffinerie italiane subiscono la concorrenza delle raffinerie mediorientali dove i costi sono più bassi e non bisogna rispettare obbiettivi di riduzione dell’inquinamento.
E qui mi pongo dei quesiti.
Per De Vita la soluzione per recuperare 3-4 centesimi sul prezzo della benzina sarebbe di tagliare la rete distributiva.
Abbiamo detto che anche le raffinerie rischiano la chiusura perchè subiscono la concorrenza internazionale. Come si può ovviare a questa concorrenza? Per il dott. De Vita la soluzione non è rappresentata da sovvenzioni governative, ma da un quadro normativo più permissivo sul fronte ambientale evitando le regole 20-20-20 in discussione in sede UE.
Ma questo che significa? Possiamo svendere l’ambiente?
A me sembra che vi sia una grande confusione: da un lato si prospetta il taglio della rete per recuperare efficienza e licenziando persone, dall’altro si prospetta la chiusura di impianti con conseguente licenziamento di persone. Gli impianti verrebbero mantenuti se decidessimo di svendere l’ambiente. Una scelta miope, sopratutto se guardo al già citato caso dell’impianto di Gela, dove, ad un adeguamento tecnologico dell’impianto segue anche un notevole esubero di personale.
Non vorrei che alla fine ci ritrovassimo con una legislazione estremamente permissiva verso l’ambiente, dei licenziamenti che comportano costi sociali per tutti e un prezzo della benzina che momentaneamente viene limato verso il basso, salvo, dopo alcuni mesi, riprendere a crescere.

11 Commenti
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Luigi
Luigi
14 anni fa

Vedo con preoccupazione il disinteresse e l’atteggiamento opportunistico nei confronti dell’ambiente: non si capisce se sia considerata una vera priorità o una specie di carta jolly da tirare fuori solo al momento opportuno, cioè quando fa comodo…

Anna Li Bassi
Anna Li Bassi
14 anni fa

Sinceramente la strada dei licenziamenti necessari non mi convince affatto. Il mio timore è che, una volta intascati i benefici richiesti, le aziende procedano lo stesso ai tagli. Inoltre, approfondendo l’analisi, aggiungerei che, a mio parere, le suddette aziende dovrebbero farsi carico dei costi sociali dei tagli occupazionali… perchè non si può agire in questo modo irresponsabile, senza preoccuparsi minimamente delle conseguenze!!!

gaspare
gaspare
14 anni fa

luigi, per molt epersone l’ambiente è visto solo come un ostacolo, ma non si rendono conto che noi ci viviamo su questo mondo.

gaspare
gaspare
14 anni fa

Anna, appunto, bisognerebbe che le aziende si facessero carico anche di parte dei costi sociali.
Non dico tutti, ma che almeno chiariscano cosa vogliono fare.
Ma il fatto è che il governo su queste cose, latita pericolosamente

Jetsep
Jetsep
14 anni fa

E’ un tema interessante Gaspare.
Risparmiare 3, 4 centesimo alla pompa?
C’è una pagina ben fatta su Wikipadia alla voce “benzina”.
Riporta, fra l’altro, quanto segue:
—–
Molte delle accise italiane furono introdotte come temporanee per far fronte a vari eventi straordinari, ma nonostante il venir meno della causa a tutt’oggi non risultano ancora rimosse:

1,90 lire per la guerra di Abissinia del 1935 (0,001 euro);
14 lire per la crisi di Suez del 1956 (0,007 euro);
10 lire per il disastro del Vajont del 1963 (0,005 euro);
10 lire per l’alluvione di Firenze del 1966 (0,005 euro);
10 lire per il terremoto del Belice del 1968 (0,005 euro);
99 lire per il terremoto del Friuli del 1976 (0,051 euro);
75 lire per il terremoto dell’Irpinia del 1980 (0,039 euro);
205 lire per la missione in Libano del 1983 (0,106 euro);
22 lire per la missione in Bosnia del 1996 (0,011 euro);
0,020 euro (39 lire) per rinnovo contratto autoferrotranvieri 2004.
Il tutto per un totale di 0,25 euro (486 lire). Su queste accise viene applicata anche l’IVA, per un totale di 0,30 euro.

Inoltre, dal 1999, le Regioni hanno la facoltà di tassare i carburanti, al momento lo fanno Campania, Molise, Marche (a causa del deficit sanitario) e Liguria.
—-
Prima di mettere per strada 5, 6 mila persone sarebbe utile procedere iniziando altrove.
Anche per non farsi ridere dietro.
Se ti fermi a levare i contributi sui disastri fino al 1976 recuperi quasi 7 centesimi e mezzo. Il doppio.
Che dici? Forse a questo Stato un minimo di 34 anni non sembrerà congruo come tempo per “recuperare”…

gaspare
gaspare
14 anni fa

jetsep, concordo con te su tutto.
Per altro, se andiamo a vedere quante persone lavorano in una “pompa di benzina”, credo che andiamo a mettere per strada 12.000-15000 persone, anzi famiglie.
Purtroppo il problema è che, queste accise, messe, come dici tu, per risolvere momentanei problemi ora sono strtturali nel bilancio dello stato, ovvero: quei soldi che magari non sono più destinati per lo scopo originario, vengono usati dallo Stato per altre cose.
Allora l’intervento da fare, dovrebbe essere ricercare una maggiroe efficienza, con l’obbiettivo di ridurre le accise sulla benzina, che per altro pesa su molto settori produttivi.
Ma, purtroppo, ci vorrebbe un paino strutturale, cosa ceh questo governo sembra incapace di fare.

Andrea Pirola
Andrea Pirola
14 anni fa

Tagliare 5/6.000 impianti comporterebbe oltre al costo sociale, anche una minore concorrenza (meno concorrenza = prezzi più alti), un maggior costo per l’automobilista, per due semplici ragioni, la prima, perché semplicemente si deve percorrere più strada per trovare un benzinaio, la seconda, il gestore sarà tentato ad aumentare il prezzo perché il suo concorrente dall’altra parte della strada non c’è più. Per terminare, il Dott. De Vita ha perso una buona occasione (l’ennesima) per stare in silenzio.

Jetsep
Jetsep
14 anni fa

Bisognerebbe fare due calcoli per verificare quanto i costi autostradali influiscano sul prezzo alla pompa.
Con un meccanismo neanche troppo complicato si potrebbero esentare i pedaggi per i trasporti carburante.
Ovviamente il mectutto stornando la minor spesa verso l’utente finale…
De Vita parla per i petrolieri…e non mi risultano essere persone che ci abbiano mai rimesso con iquel lavoro…
Banale sottolineare che in Italia sono l’unica vera lobby.
Nemmeno un esercito di Catricalà potrebbe fare nulla.
Le sanzioni irrogate sono un insulto alla intelligenza dei cittadini…

@Gaspare:
…manco a farlo apposta si parla di un nuovo gioco delle tre carte con le imputazioni delle accise.

gaspare
gaspare
14 anni fa

Andrea, quello che tu evidenzi, effettivamente è un rischio più che concreto, a cui sinceramente non avevo pensato… ottima osservazione

gaspare
gaspare
14 anni fa

jetsep, concordo con te su tutto.
peraltro l’aumento della benzina colpisce due volte il consumatore: prima quando paga la benzina, poi quando compra prodotti che sono stati trasportati da camionisti.

Fernando Miele
14 anni fa

La benzina aumenta in’Italia per un solo motivo:

( La politica costa troppo!!!) questo è il regalo della Vittoria totalitaria del centro destra.
Attenzione! è solo l’inizio . Povero a chi è povero! più povero sarà per ciò che ha commesso.



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