postato il 27 Maggio 2011 | in "In evidenza, Media e tecnologia, Riceviamo e pubblichiamo"

La “relazione complicata” tra internet e la politica

Questa aspra campagna elettorale verrà sicuramente ricordata non solo per gli innumerevoli, e spesso incredibili, spunti di cronaca ma perché segna il definitivo ingresso di internet nelle competizioni elettorali. Internet è diventata sempre più mezzo di comunicazione e propaganda elettorale, ma anche, a dir la verità ancora troppo poco, parte dei programmi elettorali dei candidati. Bisognerebbe parlare però, per usare un linguaggio caro agli utenti di Facebook, di una “relazione complicata” tra politica e internet:  non sembra, infatti, che candidati, e politici in generale, abbiano compreso le potenzialità del nuovo mezzo di comunicazione. Anzi, questi  troppo spesso si rapportano alla rete come schemi comunicativi desueti che potevano andare bene per una campagna elettorale degli anni ’50.  Paradigmatica in questo senso è stata la campagna elettorale di Letizia Moratti, che proprio in rete ha commesso delle gaffes clamorose che indubbiamente hanno influito, e probabilmente influiranno, sul suo risultato elettorale. La “moschea di Sucate”le calunnie diffuse su Pisapia e il meccanismo truffa per gonfiare la pagina Facebook della Moratti, sono i risultati di una ignoranza abissale del mondo della rete e di un goffo tentativo di saldare nuovi mezzi e vecchi messaggi, Achille Lauro e Twitter. L’errore di certi “strateghi” della comunicazione politica sta proprio nel riportare in rete messaggi vecchi e demagogici o, peggio, ispirandosi al principio della propaganda di Goebbels, credere che una bugia ripetuta migliaia di volte diventi una verità: se nella vita di tutti i giorni, nei mercati rionali o sull’autobus, queste tecniche possono ancora aiutare a pescare qualche voto, in rete possono invece rivelarsi un boomerang letale e scatenare l’ironia e i lazzi nei blog e nei social network.

Per evitare clamorose brutte figure sarebbe utile allora capire che messaggi tradizionali e meccanismi demagogici mal si addicono alla rete, soprattutto perché gli utenti, e quindi i destinatari dei messaggi, non sono assimilabili, con qualche eccezione su Facebook, a elettori sicuri o bambini di cinque anni. Questa poca dimestichezza con la rete dei candidati si rispecchia anche nei programmi elettorali: si trovano, senza distinzione di colore politico, solo pochi e vaghi riferimenti ad internet e più in generale al digitale, ricorrente è il tema del wi-fi libero e lo sfruttamento della rete internet per snellire le elefantiache burocrazie comunali, ma nessuno sembra avere chiara una strategia innovatrice, una vera e propria agenda che segni le tappe della rivoluzione digitale nei comuni. Perché questo scarso interesse? Perché non coinvolgere esperti del settore ed evitare di parlare in maniera inadeguata di cose che non si conoscono? Per rispondere a queste domande è sufficiente guardare l’età media dei candidati a sindaco, e accorgersi che in molti casi sono i protagonisti di tante campagne elettorali del passato. Uomini vecchi con idee vecchie. Ma questo è un altro problema.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Adriano Frinchi



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