postato il 22 Luglio 2011 | in "Interventi"

L’intervento di Pier Ferdinando Casini alla convention del Terzo Polo: ‘Io cambio l’Italia’

Venerdì 22 luglio 2011 – Auditorium Conciliazione

La storia lo insegna: quando nella vita di una nazione, una crisi economica drammatica si sovrappone ad un evidente decadimento delle istituzioni e la classe dirigente rinuncia ad esercitare il suo ruolo di guida, anche morale, il buio comincia a minacciare il futuro.  Ebbene, l’Italia di oggi si trova esattamente in un tale pericoloso incrocio della storia. Ma nella classe politica non tutti ancora sembrano averne piena consapevolezza.

Solo dopo la prima guerra mondiale si determinò una situazione simile. Le “tre crisi”, sociale, politica e morale, combinarono la loro aggressione al sistema. E gli effetti sono purtroppo noti. Oggi non può certo finire come cent’anni fa: non abbiamo alle spalle una guerra, la società italiana è cento volte più forte e matura di allora. Ma ciò non rende più leggera la realtà: il rischio di un declino della nostra nazione e della sua democrazia aleggia comunque davanti al nostro futuro.

Anche due decenni fa, a metà degli anni Novanta, crollò un sistema politico forte e sperimentato. La crisi istituzionale e l’impotenza della classe dirigente crearono i presupposti di una rivolta degli italiani e l’emergere della necessità di una grande modernizzazione del sistema. In pochi mesi nulla sarebbe stato più come prima.

Ebbene, se l’Italia di oggi corre meno rischi di quella degli anni Venti, altrettanto certamente si trova in una situazione più grave di quella maturata con la fine della Prima Repubblica. Negli anni Novanta avanzava l’alba dell’Europa, oggi si combatte per evitarne il tramonto. Il Paese allora era assai appesantito, eppure non c’era all’orizzonte il concreto rischio del declino. Nella rivolta popolare di quegli anni viveva la speranza di una nuova modernità politica. L’indignazione a quel tempo era anche sogno. Oggi prevalgono invece solo paura e rabbia. Insomma: ieri era di scena la fine ingloriosa della Prima Repubblica. Oggi a quel fallimento, si aggiunge il crack della Seconda: e niente è più velenoso di una speranza tradita. Vent’anni dopo quel “sogno di rinnovamento”, l’Italia si è svegliata prigioniera di un incubo.

Noi li abbiamo avvertiti: non ci hanno ascoltato.

E’ sempre antipatico esibire le proprie ragioni. Ma in questo caso lo faccio perché sono le ragioni del Paese.

Nel 2008, tre anni fa, cominciando la nostra solitaria e rischiosa traversata nel deserto, abbiamo lanciato l’allarme: la Seconda Repubblica è fallita. Questo bipolarismo selvaggio, costruito per vincere ma non per governare, porterà l’Italia al collasso. Hanno risposto con un sorriso di sufficienza. E oggi l’Italia è al collasso.

Nel 2009 abbiamo indicato la via d’uscita: un governo di responsabilità nazionale. Hanno risposto con le solite offerte di qualche poltrona di governo. Evidentemente, abituati a comprare, non avevano messo in conto che non tutti nella politica italiana sono in vendita!

E oggi, oggi non ce n’è uno che non capisca che abbiamo ancora una volta ragione: che solo una nuova grande stagione di seria coesione tra tutti i partiti può salvare l’Italia e restituire dignità alla politica. Ma nella maggioranza nessuno si muove. Nessuno ha il coraggio di gettare il cuore oltre l’ostacolo. Sono tutti paralizzati soltanto dall’ombra di Berlusconi che è come un tappo su una pentola che sta per esplodere.

E mi domando: quale cocciutaggine antinazionale tiene legato alla poltrona di Palazzo Chigi un leader che proclamava di volere il bene dell’Italia? La verità è che la grandezza di un uomo si dimostra davvero soltanto se capisce quando è arrivato il momento di uscire di scena.

Eppure sono bastati tre giorni di intesa, soltanto sui tempi, non sui contenuti della manovra per cambiare il clima del Paese. Ma si è trattato di un piccolissimo accenno di consapevolezza, soprattutto da parte delle opposizioni, favorita dal ruolo di un grande presidente, Giorgio Napolitano. Cos’altro deve succedere per ottenere dalla classe politica uno scatto d’orgoglio, di responsabilità, di primato dell’interesse nazionale? E’ stata una rondine. Non so se farà primavera. Ma so che per salvarci deve davvero cominciare una nuova primavera italiana. Una stagione di unità nazionale per preparare il nostro riscatto.

L’Italia va ricostruita, ma nessuna delle due principali coalizioni è in grado di governare il tempo della ricostruzione. Per un semplicissimo motivo: occorre mettere in campo misure impopolari di contenimento del debito e investimenti per la crescita tali da richiedere un consenso assai più largo di ciò che la miseria di questo bipolarismo consente. E’ una soluzione inevitabile.

Ci sono stati altri momenti difficili nella nostra storia nei quali il nostro Paese ha trovato la forza, unendosi, di superare ogni ostacolo. Il tempo magico della ricostruzione, gli anni di piombo della lotta al terrorismo, lo sforzo decisivo per entrare nell’Euro. Ritroviamo il passo di quelle stagioni, delle nostre migliori stagioni! Oggi siamo un popolo diviso, ma quando marciamo uniti verso un traguardo, é difficile che lo manchiamo. Bisogna solo accendere la miccia di un nuovo grande tempo di coesione nazionale.

L’Europa è sotto attacco. Facciamo fatica a mantenere i livelli e gli stili di vita raggiunti nel XX secolo: stiamo tornando indietro. Con la moneta unica abbiamo fatto un passo importante e voglio ricordare il ruolo fondamentale della nostra cultura, quella democratica cristiana, nella costruzione dell’Europa unita. I fatti ci dicono che quel passo non basta, che ci vuole più coraggio. Siamo a metà di un guado: oggi dobbiamo completare il percorso con l’emissione di titoli europei che proteggano i singoli Paesi e aiutino gli investimenti comuni, fino ad arrivare a politiche fiscali condivise. Siamo orgogliosi che anche partiti come la Lega, che fino a ieri contestavano il processo comunitario e chiedevano dazi doganali, oggi lo invochino a gran voce.

In questo scenario, l’Italia rischia più degli altri Paesi europei. È vero, è in atto una speculazione internazionale contro l’Euro, contro l’Europa, ma i fatti di questi giorni ce lo dimostrano: noi soffriamo più degli altri. Sicuramente abbiamo deficit strutturali che ci derivano dal passato, come un debito pubblico fra i più alti del Mondo e la bassa crescita. Ma è fuori dubbio che negli ultimi cinque anni la politica economica, prima del centrosinistra e poi del centrodestra, non ha saputo dare risposte adeguate.

I mercati oggi chiedono trasparenza, chiarezza e affidabilità. Il contrario di quello che proclama questo Governo: “la ripresa è incominciata”, “abbiamo superato la crisi”, “il peggio è alle nostre spalle”.

Non è un caso se noi oggi parliamo di serietà e verità.

La serietà richiede di abbandonare la politica degli spot e delle promesse mancate. Ripensare a certe promesse di alcune settimane fa circa l’abbassamento delle tasse o l’introduzione del quoziente familiare fa sorridere, ma non fa bene al Paese.

E’ l’ora delle scelte impopolari, quelle scelte che nel breve periodo forse fanno perdere consenso a chi le compie, ma che sono indispensabili per il Paese. Non averle fatte in questi tre anni di legislatura ci ha portati a dover fare una finanziaria iniqua, ingiusta e che, come dimostrano i fatti, rischia di servire a ben poco.

Iniqua: perché con i ticket sanitari, con la mancata rivalutazione delle pensioni, con l’aumento delle accise sulla benzina, con i tagli agli enti locali, con l’imposta di bollo sui depositi titoli finisce per colpire i soliti noti: le famiglie con figli e con reddito medio-basso e i pensionati. Si salvano gli evasori e gli speculatori. Una patrimoniale c’è già ma non è certo verso i grandi capitali!

Ingiusta: perché aumenta il divario fra regioni povere e regioni ricche e perché furbescamente rimanda gran parte degli interventi al 2013-2014, guarda caso proprio dopo le prossime elezioni. Gli Italiani non sono stupidi. Il SUD è abbandonato! E il NORD non chiede la burocrazia dei ministeri ma meno burocrazia per tutti!

Dicevamo, è il momento delle scelte. L’Italia non può restare ancora a lungo la lumaca europea in termini di crescita e sviluppo.

Non possiamo più andare avanti come in questi anni a colpi di tagli lineari. Bisogna ridurre la spesa selettivamente, riorganizzare lo Stato e fare riforme liberali.

L’avevamo detto, unici in Parlamento votando contro il federalismo fiscale. Non perché fossimo contro il federalismo, ma perché siamo convinti che prima di parlare di fiscalità federale bisogna costruire uno Stato federale, uno Stato cioè più leggero, che limiti anche i suoi ambiti di intervento. Per questo, riteniamo indispensabile una riforma dell’architettura istituzionale, che preveda una sola Camera con meno parlamentari, l’abolizione delle province, la fusione dei piccoli comuni, meno Stato e più sussidiarietà. Alla Lega diciamo che siamo pronti a parlare di federalismo, ma solo quando vorrà fare sul serio. Gli SPOT non servono, come sanno bene gli stessi amministratori del NORD!

Dobbiamo liberare il Paese dal corporativismo, a incominciare dalle professioni fino ai servizi pubblici locali. Non ci piacciono i riformisti a giorni alterni come una certa sinistra, che un giorno parla di liberalizzazioni e il giorno dopo sostiene i referendum sull’acqua pubblica, uno straordinario aiuto a quel “pubblico” inefficiente e pasticcione che rende la nostra rete idrica la più malandata d’Europa!

Una riforma del mercato del lavoro che abbandoni una cultura vetero-sindacale diffusa per anni in questo Paese che ha finito per garantire i già garantiti. Di questa cultura oggi ne fanno le spese i giovani e le donne. Non possiamo permetterci di non dare speranze ai nostri figli. Non gli possiamo promettere un lavoro a tempo indeterminato come molti della mia generazione hanno avuto. Dobbiamo però trasformare il precariato in un lavoro anche a tempo determinato, ma che sia degno di questo nome, cioè con degli ammortizzatori sociali che li accompagnino nel loro excursus lavorativo verso nuove opportunità, con corsi di formazione, o che li sostengano nei periodi di possibile disoccupazione. Alle donne dobbiamo garantire più pari opportunità nel lavoro, anche attraverso un rafforzamento dei servizi alla famiglia.

Una riforma fiscale ben diversa da quella che ha in mente il Governo. Non ci interessa il gioco delle tre carte: “togliamo un po’ al lavoro”, “mettiamo un po’ sui consumi”. Lo facciano pure, ma una cosa deve essere chiara: noi vogliamo il fattore famiglia. Vogliamo premiare le famiglie con figli, abbiamo aspettato anche troppo.

FIGLI – indipendentemente dallo stato di famiglia tutti i bambini sono eguali e devono aver accesso ai servizi, bianchi e neri! Figli regolari e non!

Un Governo di unità nazionale dunque: era questa ieri la nostra proposta, lo è oggi, lo sarà quando si andrà a votare. E il Terzo Polo sarà forza decisiva per il prossimo governo della Repubblica.

L’arrogante autosufficienza della maggioranza a questo punto non è più solo un problema politico, è un problema finanziario: perché ogni giorno che passa senza dar vita al “grande piano della crescita” di cui l’Italia ha bisogno significa buttare soldi al vento. Continuando così ci mangiamo il futuro.

La casa sta bruciando, ma molti scherzano ancora con il fuoco. Prendetevi pure questa responsabilità, se volete. Ma noi certo non vi faremo alcuno sconto. Perché è in gioco il destino della nazione.

Noi non abbiamo mai condiviso l’attacco qualunquista alla politica, eccitato oggi dagli organi di informazione legati al Cavaliere che intendono far passare il messaggio che i politici sono tutti colpevoli alla stessa maniera. Troppo comodo. Lo ripeto: c’è chi compra e chi si vende. E in questa sala ci sono solo persone che non si sono vendute, che hanno risposto no a diktat autoritari, che hanno lasciati posti più comodi pur di tenere fede alle proprie idee, che hanno subito linciaggi mediatici perché hanno cantato fuori dal coro!

Noi non abbiamo mai condiviso l’attacco qualunquista alla politica: perché la politica non è fatta solo di clientes e di soubrettes ma anche di brave persone che ogni giorno, sul territorio come a Roma, lavorano per il bene comune.

Ma guardiamoci negli occhi cari amici: li meritiamo davvero i soldi che guadagniamo?

S’è mai vista una classe politica, di destra come di sinistra, che non riesce in tanti anni a levar via i rifiuti dalle strade di Napoli?

S’è mai vista una classe politica così inquinata da uomini d’affari e faccendieri?

Si è affossata nel discredito la Prima Repubblica ma ci sarà pure una differenza tra voler finanziare il proprio partito e smaniare per un rolex o una Ferrari.

Dopo il voto di mercoledì si sono levate molte polemiche.

E’ stata una pagina triste nella vita del Parlamento ma noi non abbiamo da fornire altre prove: siamo garantisti e non lo siamo ad intermittenza.

Chi è in questa sala ha più volte riconosciuto un accanimento giudiziario contro Berlusconi ma al Presidente del Consiglio ed a tutti gli italiani voglio ricordare che un conto è il garantismo, un conto è l’idea di impunità, un conto è il rispetto di tutte le persone da ritenere innocenti fino ad una condanna definitiva, un conto è l’idea che ci sia una persecuzione generalizzata verso tutto e verso tutti. Troppo comodo. L’impunità per tutti è ciò che togli ogni credibilità al garantismo anzi ne è la tomba.

D’altronde non è un caso se queste cose si è ritenuto in dovere di dirle Alfano, insediandosi alla segreteria politica del PdL.

E’ vero, c’è uno squilibrio tra potere legislativo e potere giudiziario ma non siamo certo noi a dover rispondere delle mancate riforme che erano state promesse in questo settore a partire da quella, sacrosanta, sulle intercettazioni che si è arenata in Parlamento perché la si voleva costruire in modo squilibrato e vendicativo.

Il Capo dello Stato ci ha spiegato ieri come si deve fare una seria riforma della giustizia se non si fossero rincorse affannosamente le inutili e tante leggi ad personam.

Credo che ormai si possa dire con tranquillità: si è voluta affossare nel discredito la Prima Repubblica. Ma oggi di fronte a una inquietante decadenza della politica figure come quella di Amintore Fanfani o di Ugo La Malfa, di Enrico Berlinguer o di Giorgio Almirante, o come quella di Remo Gaspari che abbiamo ieri salutato a Chieti, si stagliano come stelle a illuminare un deserto.

Noi siamo perché nella società prevalga il merito: e dobbiamo aver la forza di riconoscere che in questi ultimi anni il merito è stato fatto fuori dalla politica. Perciò, a maggior ragione, se chiediamo sacrifici agli italiani dobbiamo essere i primi a saperli farli, a dare il buon esempio.

Lo ha detto bene Adornato nella sua introduzione: noi siamo contro l’antipolitica. Ma contro tutta l’antipolitica: quella di piazza dei demagoghi e quella di palazzo di chi ha devastato la politica con la corruzione e l’arroganza.

Non difenderemo perciò alcuna casta. Quelle della politica, ma neanche quelle che assaltano la politica, non per migliorarla ma per ucciderla, magari dopo essersi spartiti stock-options miliardarie che sono un insulto agli operari che lavorano alla catena di montaggio!

In questi anni abbiamo assistito allo spettacolo di gladiatori urlanti gli uni contro gli altri, al senso di lacerazione che un bipolarismo primordiale ha indotto tra i partiti e tra gli italiani. La ragione del proprio schieramento veniva sempre prima della ragione comune, persino del buon senso.

Perciò ci siamo uniti nel Terzo Polo. Per andare oltre l’insensata guerra tra berlusconismo e antiberlusconismo. Per fare in modo che, a differenza degli anni Novanta, la politica sia in grado di proporre una chiara via politica d’uscita dalla crisi di sistema, che non ci fosse più bisogno di uomini della Provvidenza, di uomini soli al comando.

Ormai siamo riusciti a far capire agli italiani il grande inganno del nostro bipolarismo. Ma nella politica italiana c’è ancora chi si è tappato gli occhi. Chi continua a immaginare leggi elettorali pensate per continuare a imporre in modo coatto due coalizioni. Sono come i giapponesi che continuano a combatter una guerra già finita. Sveglia ragazzi, c’è un limite all’autolesionismo. Ma dove avete vissuto in questi anni?

Tutti crediamo nella democrazia dell’alternanza e nella sovranità del cittadino-elettore. Ma in nessuna terra ispirata dal costituzionalismo liberale chi vince diventa il padrone del Paese e chi perde, un nemico da piegare. Dunque, per salvare l’Italia occorre andare oltre questo bipolarismo.

E oltre il berlusconismo. Che ne è stato, nell’ultimo ventennio, il filo conduttore. Esso ha significato per molti italiani la speranza di una modernizzazione del Paese. Ora l’illusione è caduta: tutti i più importanti progetti dell’era berlusconiana, la rivoluzione liberale, la riduzione fiscale, la modernizzazione delle infrastrutture, la centralità della piccola e media impresa, il primato del merito, si sono eclissati come stelle cadenti.

Ma il berlusconismo ha avuto il suo pendant nell’antiberlusconismo. Perciò ci sentiamo di mettere in guardia il Pd dall’illusione di accomodarsi, con prematura euforia, alla guida di una nuova “gioiosa macchina da guerra”. Il recente voto, infatti, non ha ha in nessun modo sciolto l’eterno nodo di Gordio della sinistra: quello tra riformismo e antagonismo. Anzi, per certi aspetti, come in molti hanno osservato, l’ha reso più acuto. Il Pd è certamente indispensabile per salvare l’Italia. Ma se insiste nell’immaginare “coalizioni bipolari”, vuol dire che persevera nello stesso errore degli ultimi decenni. Gli Ulivi, vecchi o nuovi che siano, non producono riforme e governo, ma solo paralisi.

Perciò mi rivolgo insieme al Pdl e al Pd: volete o no prendere finalmente atto che la crisi è di sistema, che l’idea di alleanze costruite solo per vincere, poi non fanno governare?

Cari amici, quello del Terzo Polo è l’unico progetto politico in campo, perché il Pdl è arroccato nelle sue fragili barricate e il Pd gioca di rimessa.

Ricapitoliamolo, allora:

Un governo di unità nazionale per salvare l’Italia. Cinque anni per difendere e rinnovare un Paese che è stato lacerato.

Una nuova “agenda per la crescita”. L’obiettivo di tutti deve essere quello di tornare ad essere, entro il 2020, una delle prime potenze d’Europa. Non è facile: ma l’Italia ha le energie per farcela.

L’unità nazionale può infine permettere una cosa fin qui mai riuscita: l’avvio di una fase costituente.

Non sfugge che l’insieme di questo progetto significa una radicale svolta nella storia repubblicana. Perciò la nostra sfida è chiara: per quello che valgano i nomi, è il tempo di dar vita ad una Terza Repubblica! Non so se la Seconda sia mai cominciata ma la svolta politica di cui ha bisogno l’Italia è ormai davvero storica.

Terza Repubblica vuol dire cambiare nel profondo i luoghi comuni che ci hanno accompagnato in questi ultimi decenni. Vuol dire anche uscire dalla dittatura della volgarità e della superficialità politica. Deve cambiare tutto, anche le parole. Dobbiamo far nostro e rendere vincente persino un nuovo vocabolario. Saper imporre nuove parole-chiave al discorso pubblico.

 

1)Verità

La Seconda Repubblica ha trattato l’italiano come un consumatore, persuadibile attraverso il meccanismo pubblicitario. La politica del fare era solo la politica del dire. L’ottimismo di facciata un eccesso di zucchero per nascondere il sale. In questi anni nessuno ha mai raccontato la verità agli italiani: finchè la crisi non ha invaso le nostre case.

2) Serietà.

La visibilità mediatica è diventato l’unico obiettivo della politica. Pronta anche, pur di ottenerla, ad abbandonare razionalità e decoro. Il teatrino ha restituito l’immagine di una sorta di guerra dei bottoni: l’infantilismo al potere. Recuperare serietà e dignità è dunque essenziale per la politica della nuova Italia.

3) Sobrietà.

Se i politici della prima repubblica sono stati descritti come “mandarini”, feudatari quasi cinesi, nella Seconda il politico si è uniformato al “modello Vanzina”. Miliardari o generoni senza alcuna vergogna di esibire pubblicamente i loro vizi.

4) Bene Comune.

Abbiamo dimenticato che tutto ciò che abbiamo, dalla vita alla natura, è un dono che siamo chiamati a gestire condividendone la “proprietà”. E che scopo della politica è quello di “servire” il bene comune, di incrementare il benessere di tutti, non di alcuni.

5) Interesse nazionale.

Tra le favole di un globalizzazione che avrebbe fatto perdere il concetto di nazione e le incompiutezze di un’Europa che non è ancora diventata una patria comune, si è finito per credere che non esistesse più un “interesse nazionale”.

…due parole sulla POLITICA ESTERA

Siamo passati dalle genuflessioni davanti a Gheddafi e la convinzione che fosse un leader amato dal suolo popolo ad una partecipazione perplessa alle operazioni militari. Un “vorrei ma non posso” imbarazzato ed imbarazzante.

In qualche mese siamo passati dalla esibizione delle frecce tricolori sul cielo di Tripoli alla partecipazione ai bombardamenti sulla casa di Gheddafi.

Un Paese serio pondera bene le sue decisioni, le difende nelle sedi internazionali, le sostiene con i comportamenti.

Per amore di Patria e per solidarietà nei confronti dei militari italiani che rischiano la vita ogni giorno nelle Missioni di pace, rivolgo una preghiera: smettiamola di utilizzare la parte migliore del nostro Paese per le beghe di partito, come anche in queste ore al Senato ha fatto la Lega!

Ciò che proponiamo è una rivoluzione copernicana della politica italiana e anche della società civile. Dopo anni di individualismo, solo il tornare a pensare con la categoria del “noi”, dell’insieme, rappresenta un cambiamento epocale, può allontanarci dal burrone e farci riprendere a camminare.

 

Cari amici,

abbiamo storie diverse ed abbiamo fatto percorsi diversi. In questi venti anni spesso abbiamo collaborato e non poche volte ci siamo trovati su fronti contrapposti. Ma poi ci siamo ritrovati lungo la strada della passione politica e dell’amore per l’Italia.

Oggi sta a noi la responsabilità non solo di avere ragione ma di farcela riconoscere dal nostro popolo; oggi sta a noi la capacità di radicare questo Terzo Polo fuori dal recinto della politica ma coinvolgendo quelle espressioni straordinarie della società civile che senza tatticismi sentono la chiamata per raddrizzare il Paese.

La nostra missione è semplice e chiara: riunificare l’Italia, ricostruire, pacificare destra e sinistra, nord e sud, giovani ed anziani, donne e uomini, lavoratori dipendenti e liberi professionisti, politica e società civile.

Amici, l’illusione è finita.

Narra un vecchio racconto che un giovane rabbino si affannava con tute le sue forze ad essere sempre il migliore. Un giorno un vecchio rabbino lo avvicinò e gli disse: “Quando ti presenterai davanti a Dio, l’Eterno non ti domanderà perché non sei stato Mosè, ma ti chiederà perché non sei stato te stesso”.

Siamo chiamati solo e semplicemente ad essere noi stessi, ad assumerci le nostre responsabilità, con coraggio e dignità!

W l’Italia!

 

10 Commenti
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renato
renato
12 anni fa

OTTIMO INTERVENTO, E’ STATO PRECISO SU TUTTI I PUNTI, SPERIAMO CHE IL BERLUSCONISMO FINISCA IL PIU’ PRESTO POSSIBILE. BRAVO BRAVO BRAVO. RENATO COPPOLA

Stefano Tassinari
Stefano Tassinari
12 anni fa

Il discorso lo leggerò più tardi (e spero di commentarlo), ma mi preme una cosa: on. Casini, dove cazzo spera di andare una forza che non dispone di un medi a che sia uno? Non una tv contro chi ne ha 5! (la destra). Non uno straccio di quotidiano contro chi dispone di 5 o più. In quelli nazionali mai un editoriale pro terzo polo. Non le sembra enorme la differenza. Va bene la battaglia tra chi ha i carrarmati e chi almeno i fucili. Ma Voi avete le freccette!!!!!! Senza media si perde il 20% dei voti mica lo zerovirgola.

Stefano Tassinari
Stefano Tassinari
12 anni fa

Grande discorso. Enorme se paragonato alla pochezza di Bossi e Berlusconi, o Bersani. Ma i titoli del corrierone e di Repubblica relegano il tutto a un trafiletto. Consideri questo aspetto, onorevole. Senza media non si va da nessuna parte. No media no party. Il terzo polo deve creare un quotidiano nuovo. Che sia forte, di forte influenza. Di impatto.

mario colella
mario colella
12 anni fa

Gran bel discorso, preciso e puntuale sotto tutti gli aspetti. Io continuo a pensare che comunque il passato abbia un suo peso. E’ difficile chiedere fiducia alle persone dopo un passato fatto di approvazioni di leggi sulla giustizia, di tagli alla spesa sociale, di risorse date (per es.) alle scuole private, mentre quelle pubbliche cadono a pezzi. Casini molte volte ha detto che uno dei problemi piu’ importanti e’ la riforma delle pensioni (forse i suoi vitalizi…) e ha bollato di qualunquismo chi diceva che almeno i parrucchieri o le spese mediche o il ristorante di Montecitorio (il meno caro d’Italia)potevano pagarsele.Io personalmente daro’ la mia fiducia a Casini (e a chi -molti- come lui) chiedera’ scusa all’Italia per i danni fatti e avra’ il pudore di farsi da parte dopo 20 anni di chiacchiere nei quali il Paese e’ peggiorato. Per favore andate a farvi un giro tra la gente!

Giulia Salfi
12 anni fa

http://www.youtube.com/watch?v=BD6xiplSxPc&feature=player_embedded#at=50

certe volte non capisco se ci fai o ci sei, ma levate sto video
io ci vedo quanto sono ignoranti delle ragazze di 18 anni che non sanno un’acca di politica, tristezza….

adriano montemurro
adriano montemurro
12 anni fa

caro presidente compimenti,un discorso fatto per comunicare un progetto vero e non per suscitare consenso.mi permetto di rimarcare due limiti:POCA ATTENZIONE AL SUD COME NODO CRUCIALE NELLE POLITICHE DI SVILUPPO(ANCHE IN CHIAVE EUROPEA);I PRIVILEGI DELLA CASTA POLITICA NON PIU’ TOLLERABILI(E NON SI DICA CHE è DEMAGOGIA)MA ANCHE DELLE ALTRE CASTE DI QUESTO NOSTRO PAESE.(MAGISTRATI GIORNALISTI.ORDINI PROFESSIONALI).in bocca al lupo a noi tutti per il bene dellITALIA

orenbuch
orenbuch
12 anni fa

bella parola Pier,e ho apprezzato tuo bacio a FINI,e bello,vero,solidarietà. Cio mi riconforta, perché in italia, come in francia, è penoso,duro,io lo so non ho lavoro,non famiglia,pochi soldi,allora io posso capire la situazione. Vedo che lei vuol fare qualcosa di buono per il popolo italiano.

Patrizia
12 anni fa

Gentile Presidente, bel discorso, buoni i programmi, anche i sondaggi sono dalla vostra parte, una cosa sola vorrei aggiungere, attenzione nella vostra coalizione alla questione morale, oggi come oggi la gente è in campana sulla moralità dei politici ed i legami mafia-politica, il presidente Fini sembra averlo anche evidenziato, chiedendo massima limpidezza all’interno dei partiti. Comprendo che Lombardo possa essere rilevante anche a livello nazionale, ma gli italiani non ne possono più di malcostume e legami illeciti nella politica. Poi Presidente come si dice chi ha orecchi da intende, intenda. Cordialmente la saluto.

Paolo Caorsi
Paolo Caorsi
12 anni fa

CARI POLITICI IN QUESTO MONDO DI PECCATORI ME COMPRESO, CI PUO’ SALVARE SOLTANTO LA MADONNNA E GESU’ CRISTO, E’ MEGLIO CHE ANDATE IN PELLEGRINAGGIO A MEDJUGORJE A CERCARE LA CONVERSIONE, RICEVERETE LO SPIRITO SANTO CHE VI ILLUMINI A FARE POLITICA COME SI DEVE. LA MADONNA IN UN MESSAGGIO HA PARLATO CHIARO, SE NON PREGHIAMO COL CUORE E NON CI CONVERTIAMO SERIAMENTE CI SARA’ PRIMA O POI UN CASTIGO DI DIO.

Giuseppe Souza
12 anni fa

Vergogna.

Non pensavo che l’ignoranza arrivasse a tanto; con quale coraggio avete potuto votare contro la legge contro l’omofobia ieri. Non e`solo da irresponsabili (politicamente parlando) ma anche da ignoranti (nel senso che ignorate quale e’ il vero significato dell’omosessualità). Una volta i bambini, pur essendo mancini, erano costretti a scrivere con la mano destra in quanto si pensava che fosse “anormale”, un comportamento da correggere. Con la conoscenza si e`capito che l’essere mancino non e’ una colpa, ma un comportamento normalissimo dettato dal DNA. Lo stesso vale per l’omossesualità: perchè volete costringere una persona ad essere eteresessuale pur essende omosessuale, contro la propria natura? Ma si sa, in Italia oltre all`ignoranza regna l`ipocrisia e mi dispiace dire l`ottusita` mentale. Le persone che governano dovrebbero essere i primi ad affrancarsi dai pregiudizi e guidare i popoli verso il progresso e soprattutto la verita’. VERGOGNATEVI!!!



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