postato il 3 Settembre 2010 | in "Interventi, Politica, Scuola e università"

In videochat con Repubblica Tv


“Berlusconi dica con chiarezza agli italiani la sua visione, ma eviti di affossare definitivamente il sistema giudiziario per liberarsi dei processi che lo riguardano”. A chiederlo è stato Pier Ferdinando Casini, intervistato da Repubblica Tv sul processo breve. “Ci sono questioni enormi che rischiano di andare al macero se si fanno questi provvedimenti – ha sottolineato – da Parmalat a Thyssen, e io non me la sento”.
Sui 5 punti, “è chiaro che noi non voteremo la fiducia al governo – ha spiegato Casini – Siamo pronti a dare qualche consiglio se Berlusconi lo vuole ascoltare: questa e’ la nostra opposizione repubblicana”.
Nell’intervista il leader Udc ha poi affrontato il tema del cosiddetto terzo polo: “Se dovessimo scegliere alle prossime elezioni lo faremmo”, ha detto. Ha poi parlato della legge elettorale: “Credo che le idee di D’Alema e Veltroni possano essere conciliate, penso che si potrebbero conciliare con il provincellum”.
Sulla possibilità di un’alleanza con il centrosinistra ha chiarito: “A me non interessa l’Ulivo, vecchio o nuovo, ma sono un interlocutore, perché sono una forza d’opposizione, e se devo imbarcarmi in un’alleanza che sia la riproposizione del governo Prodi, dico no grazie”.
Casini ha inoltre affrontato il tema dei precari della scuola: “Questo governo deve risolverlo non in una logica aritmetica. La politica dei tagli lineari fin qui attuata dal governo è dannosa e iniqua, e il ministro Tremonti non puo’ lasciare sola la Gelmini su questo punto”.

5 Commenti
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Marco Castellani
13 anni fa

“Berlusconi dica con chiarezza agli italiani la sua visione, ma eviti di affossare definitivamente il sistema giudiziario per liberarsi dei processi che lo riguardano”. Questo – insieme all’attenzione giustissima sul grave problema dei tagli alla scuola -è davvero il nodo da affrontare, il resto è retorica oppure inutile chiacchiericcio. Grazie per la visone chiara, che condivido in toto.

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13 anni fa

[…] CASINI, PRECARI: QUESTO GOVERNO DEVE RISOLVERLO | Pier Ferdinando Casini,  UDC, Unione di Centro In videochat con Repubblica Tv | Pier Ferdinando Casini,  UDC, Unione di Centro. […]

piero lipera
piero lipera
13 anni fa

IL TUONO DI BOSSI: NO AI DEMOCRISTIANI!

Il tormentone dell’estate: “Ci sarà una nuova maggioranza o si andrà al voto?”

BERLUSCONI deciderà il da farsi, nel frattempo però ci si schermisce a suon di slogan ed insulti.

Dalle valli del Nord rimbombano i tuoni di BOSSI: “No ai democristiani”, “Casini è quel che rimane dei democristiani, di quei furfanti e farabutti che tradivano il Nord” e ancora “Casini è un trafficone”.

Come non dare ragione alle parole di Bossi?

Al Nord, l’immagine che ha l’UDC non è molto lontana dagli epiteti denigranti del Senatur.

Una delle eredità di tangentopoli, oltre alla scomparsa del Partito Socialista, è l’aver creato lo stereotipo secondo cui i democristiani ed i relativi partiti siano rispettivamente degli affaristi/trafficoni e dei comitati d’affari.

Le parole di Bossi non sono certo elucubrazioni o fantasticherie.

Nelle popolazioni padane (ma non solo) i democristiani, a partire dagli anni ’90, vengono spesso apostrofati ed identificati in quelle precise categorie poc’anzi indicate.

A ciò va per altro aggiunto come la mancata unità dei cattolici, negli anni della seconda repubblica, abbia fatto sì che i cambiamenti di coalizioni e di casacca si siano succeduti con esagerata disinvoltura.

MASTELLA ne è l’esempio più famoso ma non è l’unico.

Non dimentichiamo infatti come il fu FRANCESCO COSSIGA ebbe ad organizzare un raggruppamento politico (l’UDR), con eletti del centro-destra, per sostenere una maggioranza di centro sinistra. Erano i Governi D’Alema 1 e 2, che, dopo l’uscita di Rifondazione Comunista ed il siluramento di Prodi, si insediarono a Palazzo Chigi dal 21 ottobre 1998 al 25 aprile del 2000.

Insomma, in termini di immagine, fra le gesta di tangentopoli, la prassi parlamentare ed i processi di Palermo, i democristiani d’Italia non sono proprio riusciti a brillare.

I processi Andreotti e Mannino, sebbene conclusi con due assoluzioni piene, sono un pesante marchio circa la presunta collusione fra mafia e politica. Pochi ne conoscono le vicende processuali, ma tantissimi sono pronti a giurare dell’appartenenza mafiosa di detti leader democristiani.

Ergo, siamo praticamente d’innanzi ad una forma di tabù sociale, formatosi a fine ‘900, che combinata con altri fattori – di non minor importanza (per es: cattiva organizzazione, povertà di leader carismatici) – impediscono a questo partito di possedere quell’appeal e quella fiducia da consentirgli di ambire a ruoli di primaria importanza.

Le parole di Bossi, dicevo, non sono un’invenzione.

Come ogni cattolico che si reca ogni domenica in Chiesa, per ascoltare dal suo parroco la parola del Signore – che conosce come trita e ritrita – anche il popolo leghista abbisogna di ascoltare le parole del suo vangelo politico.

Il loro parroco di fiducia? Non ce ne sono altri, è lui: il Senatur.

Le parole di Bossi, sono le parole della Lega di Bossi e, in modo transitivo, esse sono anche le parole del Popolo della Lega di Bossi.

Bossi, la Lega ed il suo Popolo sono un tutt’uno che vede nel Senatur lo speaker ufficiale, nessun altro. (Per inciso, la malattia del leader padano ha anche scandito la caduta e la risalita nei consensi del partito stesso, ma lasciamo agli studiosi questi dettagli).

Bossi non è un inventore, non è nemmeno un pensatore.

Bossi è un politico e, a mio avviso, un buon politico.

Egli riesce a valorizzare il sentimento delle genti del Nord in consenso. Una volta ottenuto lo poi trasforma in azione di governo, realizzando così l’agenda degli impegni assunti in campagna elettorale.

Sarà il più rozzo di tutti, magari con un accento troppo pronunciato, ma nei fatti, al momento, è uno dei migliori politici italiani.

La Lega, è bene ricordare, è l’unico partito – ripeto l’unico – che ha mantenuto lo stesso simbolo e lo stesso nome dal passaggio della prima alla seconda repubblica (elemento anche questo da non sottovalutare).

Averne politici come Bossi, ne servirebbe uno per ogni regione d’Italia.

Inoltre la Lega ha un progetto politico, si chiama <>.

Per federalismo si intende il trasferimento di maggiori competenze e poteri (tradotto: soldi) agli enti locali (Regione, Comune e Provincia).

Il federalismo fiscale a breve sarà realtà.

Ricordate il motto leghista “Roma ladrona” ?

Quella era pura voglia di federalismo.

Per l’Italia trattasi di un’innovazione istituzionale che, per la verità, è già in vigore in importantissimi ed avanzati paesi dell’area occidentale (Stati Uniti d’America, Canada, Svizzera e Germania).

Il punto: perchè tutta questa voglia di federalismo?

La risposta: in passato, da Roma i soldi sono sempre andati più al Sud che al Nord. Ma chi era che ne versava di più, il Sud o il Nord? Quanti di questi soldi finivano in opere per la collettività e quanti nelle tasche dei vari faccendieri?

In barba a qualsiasi principio di solidarietà e corollari simili, i nordisti si sono stancati e una volta rotto gli indugi vogliono andare avanti, fino in fondo, fino al federalismo.

In quest’ottica, al meridionale, applicando una forma di razzismo primordiale ed elementare, viene imputata la colpa del disservizio dell’intero sistema Italia.

La folla urla: Roma ladrona!

Le cause del gap, prima economico e poi culturale, fra Nord e Sud risalgono nella storia, non sarà stata mica generata dai capi corrente della DC!?

Dall’Unità d’Italia alla seconda guerra mondiale, gli eventi che si sono succeduti hanno comportato ricadute negative per le forze opulente del Sud.

Non serve nessuna analisi storiografica di quei fatti (Portella della Ginestra, l’omicidio Mattei, Michele Sindona, la base americana di Sigonella) e di quelle cause (lo sbarco degli alleati a Marsala, l’esilio in Italia di Lucky Luciano, la guerra fredda), farlo sarebbe un piangersi addosso.

Bisogna guardare avanti!

Torniamo a tempi di oggi, l’UDC ed i democristiani che vi militano rappresentano il Sud. Soltanto in queste regioni d’Italia l’Udc raccoglie consensi a due cifre di percentuale.

Nell’immaginario collettivo quindi l’UDC è il Sud e, se Casini è l’Udc, Casini rappresenta il Sud. (caspita che sillogismo, il Sud rappresentato da un bolognese, ma tant’è).

Come è immaginato un meridionale?

Fra gli aggettivi, positivi e negativi, c’è sicuramente “trafficone”. Anche questa volta Bossi ci ha preso nel segno.

Inutile infognarsi in risposte e repliche. Bossi è bravissimo, con le sue uscite vuole infiammare il suo elettorato.

E allora che fare?

Sul piano politico, la questua del Carroccio è, come detto, il federalismo.

La cambiale firmata dal Nord in favore delle camicie verdi non è certo sine die. Prima o poi verrà chiesto il rendiconto della promessa fatta.

Il federalismo è figlio dei tempi, è ineludibile ed aggiornerà il nostro sistema statale portandolo verso una nuova forma.

Chi se ne avvantaggerà?

A conti fatti il Nord se la passerà meglio. Trasferendo meno fondi ai ministeri romani gli enti settentrionali godranno di maggiori risorse economiche da poterle così destinare al loro territorio (rectius: elettorato).

Quindi?

Cosa dobbiamo fare noi democratici cristiani?

Dobbiamo fare quello che sappiamo fare:
I democristiani.

“Il vero democristiano è colui il quale incomincia a trattare quando gli altri si sono già stancati da tempo”
(Totò Cuffaro dixit).

Il Premier è in difficoltà e questo è un fatto.

Mancano circa una ventina di deputati per avere la maggioranza alla Camera (al Senato invece la maggioranza pare essere solida).

Ripeto quanto più volte sostenuto: “la nostra partita, quella dei cattolici e moderati, si gioca a destra. Meglio: al centro dell’attuale destra”.

Adesso è il miglior momento per avviare una trattativa politica, basata su proposte e programmi.

L’UDC, agli occhi di Bossi e degli Italiani, rappresenta il Sud e per noi è perfetto così.

Non ci resta che chiedere.

Formuliamo adesso le nostre proposte per il Sud. Qual è il nostro programma per il meridione?

Pensiamone uno, ma pensiamoci subito!

Alcuni esempi: credito d’imposta, zone franche urbane, casinò, sgravi fiscali per chi vuole investire, un programma per le infrastrutture, una banca per il Sud.

Dobbiamo chiedere!

Rimanere in una posizione passiva, aspettando che il Premier commetta qualche errore, potrebbe forse essere la scelta più catacumenale, ma è senz’altro la meno coraggiosa.

Il tempo della trattativa è adesso.

Se veramente si vuole arginare l’azione della Lega dobbiamo controbatterla con idee e programmi per il Sud.

La Lega – lo sta dimostrando – teme un ingresso dell’UDC.

L’ingresso in maggioranza ridurrebbe, di gran lunga, la forza ricattatoria del Carroccio.

Scelte diverse sono da considerare ad alto rischio di sconfitta.

Un accordo con l’armata brancaleone del PD o con i giustiziliasti di DI PIETRO e TRAVAGLIO oppure con l’immobiliarista monegasco FINI non ci porteranno alla vittoria, nemmeno nel caso in cui il candidato premier fosse PIERFERDY CASINI.

Nei numeri:

Al Nord il gap è praticamente incolmabile.

Tranne la Liguria (1,7 milioni di abitanti), tutte le regioni sono nelle mani della coalizione berlusconiana (circa 21 milioni di abitanti).

Al Sud: Lazio, Campania, Calabria, Sardegna e Abruzzo anch’esse sono saldamente nelle mani degli uomini di Berlusconi (parliamo di circa 16,5 milioni di abitanti su un totale di 21,5, milioni).

Senza contare la Sicilia, laboratorio politico a se stante ma che ha sempre votato per Berlusconi, con larghissimi scarti sui concorrenti (5,6 milioni di abitanti).

In sintesi, nei numeri il SILVIO e l’UMBERTO non stanno messi male, ma oggi – non ci sono cazzi – il Re è nudo.

Il Parlamento, cuore della nostra democrazia, lo ha privato dei numeri necessari per andare avanti.

Il Re chiede aiuto.

Forza ragazzi, come si dice dalle mie parti: “calati giunco che passa la china”. Mettiamo da parte i rancori e pensiamo all’Italia, e perchè no, anche al nostro partito.

Riflettiamoci un attimo, in questo momento, qual è la scelta migliore:

lavorare per una nuova coalizione di governo (PD, IDV e/o Fini) oppure stilare un “papello di richieste” (credito d’imposta, zone franche urbane, casinò, sgravi fiscali per le imprese, infrastrutture, una banca per il sud) così da poter condizionare la nostra presenza in una futuribile maggioranza di governo?

Insomma, la scelta è tra le velleità e la speranza, da un lato, o il papello e la trattativa, dall’altro.

Io sono per la pagnotta: è meglio il “papello”.

E poi, perchè non ammetterlo, non sarebbe neanche male ritornare a far parte di una maggioranza che ci ha visto coinquilini, sin dal 1994, all’interno della quale non ci mancherebbe la qualità degli uomini per poter dire la nostra: per il Sud e per il Paese intero.

E chissà, magari un giorno, gli italiani smetteranno di pensare ai democristiani come a degli affaristi ed incominceranno a vederci come i salvatori dell’unità nazionale.

Sogni?

Vedremo.

Piero Lipera
(Pagnottista & Democristiano)

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13 anni fa

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