postato il 25 Giugno 2012 | in "In evidenza, Riceviamo e pubblichiamo, Spunti di riflessione"

Dall’irrilevanza dei cattolici alla presenza dei cristiani

di Adriano Frinchi

Ernesto Galli della Loggia nel suo contributo sul Corriere della Sera al dibattito sull’opportunità di un nuovo partito cattolico afferma chiaramente due cose: non c’è bisogno di un nuovo partito cattolico, ma è assolutamente necessaria una voce cristiana nella politica e nella società italiana.

L’analisi di Galli della Loggia è largamente condivisibile e la diagnosi sull’irrilevanza dei cattolici è una preoccupante realtà. Ci sono soluzioni? Sì, ma non vanno cercate nella formule politiche. L’impossibilità di formare un partito cattolico e l’irrilevanza politica dei cattolici sono figli del cambiamento del cattolicesimo. La questione dunque non è politica ma squisitamente teologica, e per la precisione ecclesiologica.

Il partito unico dei cattolici oggi è impossibile perché non esiste più il monolite del cattolicesimo romano, ma, nonostante la Chiesa istituzionale si muova in senso contrario, esiste un “cattolicesimo liquido”, per usare un aggettivo caro a Zygmunt Bauman, plurale e con diverse sensibilità ai limiti dello “scisma sommerso” evocato da Pietro Prini. Il partito unico era il percorso più naturale in politica per una “cattolicità solida”, oggi per come conosciamo il mondo cattolico il modello del partito unico non è più proponibile.

La strada allora è quella di ripensare la presenza politica dei cattolici, una presenza che va ripensata alla luce del grande dibattito che inevitabilmente animerà la Chiesa cattolica nei prossimi anni.

I cattolici dovranno fare i conti con la pluralità, non solo della società ma anche del mondo cattolico. Ecco perché più che di cattolici bisognerà parlare di cristiani, per includere le diverse sensibilità, le legittime diversità ed aprirsi a livello ecumenico.

Perché i cristiani ritornino alla politica, perché riescano a tornare “lievito” per usare un’immagine evangelica, i cristiani dovranno tornare all’essenzialità liberante del messaggio evangelico. Forse negli ultimi anni si è prestato più attenzione a documenti o a note, oggi bisogna tornare senza esitazione al Vangelo. Non c’è manifesto o documento programmatico che tenga di fronte al Vangelo, e la presenza dei cristiani in politica non può prescindere da esso.

La presenza cristiana in politica non riparte dalle alchimie politiche, ma alla luce del Vangelo e concretamente, ad esempio, da una scelta fondamentale per i poveri. I poveri nella Sacra Scrittura sono gli oppressi, i curvati, secondo un termine ebraico che è entrato a far parte della spiritualità cristiana. I poveri sono gli anawîm, i sottoposti, nei confronti dei quali Dio si curva, diventa il misericordioso perchè volge lo sguardo ai miseri. L’opposto dei poveri nella Bibbia non sono i ricchi, ma i potenti, quei potenti che, nel Magnificat, “vengono rovesciati dai loro troni”.

Ecco, il posto dei cristiani nella politica e nella società è accanto ai poveri, chinati su ogni forma di povertà umana. E questa non è anti politica, e nemmeno criptosocialismo. E’ solamente Vangelo.

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