postato il 23 Settembre 2011 | in "Giovani, In evidenza, Riceviamo e pubblichiamo"

Come se tutti i liceali potessero essere eletti in Parlamento…

“Riceviamo e pubblichiamo” di Stefano Barbero

“La Camera approva”: risuonano queste parole nell’aula di Montecitorio al termine della votazione finale sul ddl Meloni, la legge che il ministro delle politiche giovanili ha portato in Parlamento. Cuore della sua proposta, l’abbassamento della soglia di età per l’elettorato passivo di Camera e Senato: 18 anni (anziché 25) per la prima e 25 (in luogo dei 40 fissati dalla Costituzione) per il secondo. La bionda ministra esulta, il provvedimento è passato, ora anche i neodiciottenni potranno essere eletti a Montecitorio. Fantascienza? Chi lo può dire, portare un po’ di freschezza in quelle vetuste aule, un po’ di gioventù su quegli scranni non sarebbe una cattiva idea, e forse c’è davvero qualche partito che candiderebbe volentieri un teenager.

Ipotesi future o quantomeno futuribili. Nel frattempo emergono molte valutazioni contrastanti sulla reale utilità della legge. La domanda è: era davvero necessario abbassare l’età per essere eletti ai massimi consessi rappresentativi per dimostrare che oggi l’Italia è un Paese per giovani? Guardiamo la vita di tutti i giorni, il mondo del lavoro per esempio: c’è reale possibilità di accesso spendendo i titoli conseguiti, oppure i giovani trovano mille difficoltà prima di stabilizzarsi economicamente e rendersi indipendenti da papà e mamma? Il Parlamento, composto da questi lungimiranti statisti (sic) ha mai immaginato una legislazione favorevole all’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro che non fosse attraverso contratti volatili e quasi umilianti? Sono state mai messe in campo misure per il ricambio generazionale nelle aziende, nel settore pubblico come in quello privato, nella politica, che è il loro campo? La risposta a tutte queste domande è una sola: no. Giovani neolaureati con fior di punteggi trascorrono i loro giorni a inviare curriculum a destra e a manca, salvo poi accontentarsi del lavoro che non avrebbero mai desiderato. I diplomati si sono arresi prima: in un Paese dove chi ha titoli più rilevanti è a spasso, un impiego remunerativo e rispondente a certe esigenze è un lusso.

Questa è l’amara realtà, riassunta in una battuta infelice ma efficace: l’Italia non è un Paese per giovani. E non lo è nonostante la trovata di Giorgia Meloni, energica titolare delle politiche giovanili, non abbastanza da trovare soluzioni strutturali alla questione generazionale che investe il Paese.

Il Parlamento si è messo la coscienza a posto. Ci chiedevate di fare di più per i giovani? Eccovi accontentati: ora anche i ventenni possono diventare senatori. Saremo esigenti, signori parlamentari, ma non basta. Senza contare la presa in giro. La politica in Italia è in mano agli stessi da anni, in qualche caso da decenni. C’è mai stato qualcuno che abbia investito sui giovani, favorendo questo famoso “ricambio generazionale” almeno in politica? Il discorso è semplice: il Paese chiede rinnovamento, perché non cominciare dalle mie liste, dovrebbe ragionare un politico. Ma lo si è mai fatto? Si nota un interesse a chiudere dentro strette mura elitarie quella che dovrebbe essere il vivaio di una buona gioventù, la gioventù che si interessa dei problemi del Paese in cui vive, che vorrebbe partecipare alle decisioni e intervenire nell’elaborazione di prospettive per il futuro. Oggi più che mai questa chiusura si è accentuata, anche a partire dagli stessi consigli comunali, il punto di partenza per eccellenza del cursus honorum di un giovane impegnato in politica.

Già, il Consiglio Comunale. La bionda ministra non poteva pensare a quello? Perché preferire la via demagogica a quella ragionata, meditata? Troppi sono i casi di “raccomandati” che varcano le soglie di aule importanti senza aver mai fatto nulla prima, senza mai essersi impegnati, senza mai aver provato cosa significa amministrare una comunità e risolvere i piccoli problemi quotidiani della gente.  I vari Bossi, Minetti e tanti “nominati”, pardon eletti, per grazia ricevuta del segretario che confeziona le liste non ci hanno insegnato nulla?

Questo provvedimento è da bocciare: per la buona politica si deve partire dal basso, dove l’impegno è per forza di cose disinteressato. Una volta c’era la gavetta, oggi si diventa deputati per altri meriti.

Saremo grilli parlanti, ma il Ministero della gioventù dovrebbe interessarsi di più a misure per favorire l’occupazione giovanile, per dare la possibilità ai giovani di costruirsi una famiglia e affrancarsi dai genitori, per ridare un po’ di dignità e di valore allo studio. Insomma, investire sul futuro. Non tutti i giovani italiani vedono il posto in Parlamento come un’opportunità dopo il liceo, onorevole Ministro ci aspettiamo, pretendiamo, molto di più.

4 Commenti
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Maria Pina Cuccaru
Maria Pina Cuccaru
12 anni fa

Per arrivare in parlamento occorre ESPERIENZA, la quale si acquisisce necessariamente con l’età e l’esperienza maturata nelle amministrazioni locali, dove il contatto con la gente è forte e sei chiamato a risolvere i problemi della vita di tutti i giorni. Un diciottenne in parlamento rischia di essere una pedina di chi l’ha inserito in lista.

Lorenzo
Lorenzo
12 anni fa

E’ un suicidio all’italiana!
Come si fa a pensare di mettere un diciottenne in parlamento?
Su quali basi un diciottenne può entrare in parlamento?
Se pensiamo veramente che un diciottenne, che spesso non ha ancora finito il liceo o una qualsiasi scuola di secondo grado, ma soprattutto che non ha mai studiato né la costituzione né politica (perché è bene ricordare che la materia EDUCAZIONE CIVICA non viene più insegnata!) sia in grado di prendere decisioni per uno stato, beh siamo veramente alla frutta!
Sono comunque molto contento che l’Udc sia contraria a tale provvedimento e appoggio totalmente questo articolo.
Dare spazio ai giovani non vuol dire prenderne 2/3 a caso, farli eleggere e mandarli in parlamento. Dare spazio ai giovani vuol dire dare loro la possibilità di poter crescere e maturare secondo i tempi giusti. Se uno vuole ambire a diventare parlamentare sarebbe il caso che prima avesse almeno ricoperto un ruolo istituzionale nella propria città o provincia in modo da poter maturare l’esperienza sul campo necessaria a capire i veri problemi della gente.

Andrea
12 anni fa

Sarebbe anche una buona notizia, finalmente si darebbe spazio ai giovani, purtroppo senza le preferenze da emendamento utile diventa dannoso per tutti.

Stefano Barbero
12 anni fa

I giovani chiedono alla Meloni interventi per favorire l’accesso al mondo del lavoro. Verissimo Maria Pina, se un diciannovenne entrasse in Parlamento sarebbe purtroppo il prestanome di qualcun altro, non agirebbe in piena coscienza. Siamo seri: incentiviamo la partecipazione giovanile alla politica, alla cultura del bene comune da contrapporre a quella dell’indifferenza. La classe politica dia l’esempio: candidi nelle sue liste dei giovani e puntino su di loro. Io lo chiedo a squarciagola e non smetterò mai.



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