Tutti i post della categoria: Trasporti

Meridionali, arrabbiamoci! Riflessione sui limiti e sulle promesse di riscatto del nostro Sud

postato il 6 Luglio 2010

di Giuseppe Portonera

Tremonti è uno di quei politici che parla poco, ma che quando parla sa sempre il fatto suo. Lo abbiamo conosciuto negli anni sempre intento a far di conto, a gestire questo o quel problema finanziario, molto preciso e puntiglioso. Ultimamente, sarà la febbre da successione nel Pdl, è diventato molto più loquace ed ha sempre una parolina per tutto: ormai, le sue pubbliche uscite a conferenze o incontri con le parti sociali sono davvero imperdibili. Anche perché, di solito, sono sempre vespaio di polemiche. Il nostro ministro non s’è smentito nemmeno qualche giorno fa, quando, intervenendo all’assemblea della Coldiretti, non ha risparmiato critiche alla gestione delle risorse economiche al Sud. “Più il Sud declinava, più i fondi salivano: questa cosa è di una gravità inaccettabile”, ha evidenziato Tremonti, secondo cui la colpa di questo “scandaloso percorso” non è dell’Unione Europea né dei governi nazionali, di destra o sinistra che siano. “È colpa della cialtroneria di chi prende i soldi e non li spende: e siccome i soldi per il Sud saranno di più e non di meno nei prossimi anni, allora non si può continuare con questa gente che sa solo protestare ma non sa fare gli interessi dei cittadini”. Sono parole durissime che, come prevedibile, hanno mandato in bestia i governatori del meridione, che hanno corrisposto pan per focaccia alle critiche ministeriali.

Ma se Tremonti avesse ragione? Insomma, questi fondi esistono (anche quando qualcuno tenta di scipparli) e sono pure belli cospicui. Eppure qui al Sud le cose non vanno per nulla bene: ci sono grandi opere pubbliche che restano incompiute, una sanità che non funziona, scuole o ospedali messi male. Nell’ambito del programma 2007-2013, infatti, il Ministro ha assicurato che c’è stato per il Sud uno stanziamento di fondi europei pari a 44 miliardi, ma – dice – ne sono stati spesi solo 3,6: come mai la maggior parte di questi soldi finisce inutilizzata? Scorrendo velocemente le statistiche ci si rende conto che la Calabria, per esempio, ha utilizzato solo il 12% dei 1.868 milioni di euro assegnati, “perdendone” 1.643,84; seguono la Puglia (16,22%, spreco 2.740,44 milioni), la Sicilia (18,99%, 3.493,96), la Campania (20,8%, 3.251.16). Perché, maledizione? Perché non si usano fino all’ultimo centesimo questi benedetti fondi? Certo, se il nostro ministro è davvero convinto che la colpa sia dei governatori, questi non la pensano proprio come lui e fanno notare che grazie alle Tabelle del Rapporto Strategico 2009 redatto dal Dipartimento Politiche di Sviluppo, si può verificare che sul totale dei Fondi comunitari gestiti dai ministeri (PON), che ammonta a circa 11 miliardi, i ministeri interessati (Sviluppo Economico, Ricerca, Ambiente, Interni, Infrastrutture) hanno speso poco più di 732 milioni di euro, pari al 6,7 % della dotazione disponibile. È ovvio, insomma, che parlando di spreco di soldi, si giocherà a puntare il dito l’uno contro l’altro. Ma io, amici miei, non ci sto. Non voglio cadere nella retorica provata dello scarica-barile, ne fare polemiche autonomiste contro Roma (anche perché sapete bene come la penso su questo punto). Vorrei solo poter vivere in una terra finalmente capace di poter riscoprire l’orgoglio che l’ha sempre contraddistinta e che possa diventare treno motore, anziché vagone al rimorchio. A me piacerebbe che il tutto partisse dal basso, dalla gente comune che non ne può proprio più dei dinosauri della politica che l’hanno solo soffocata per tutto questo tempo; dai nostri laureati e dai nostri geni, che invece di dover emigrare (o meglio, fuggire) potrebbero diventare la leva con cui risollevare la nostra situazione; dai nostri lavoratori, che non possono sempre pagare per primi, vedendosi chiudere la fabbrica in cui hanno lavorato per una vita; da tutti noi, insomma, da chi il Sud lo vive per com’è davvero e non come certi tizi lo vorrebbero fare apparire. Meridionali, arrabbiamoci: ormai ce n’è proprio di bisogno! Per fare capire a chi ci comanda, che non si può spuntare a tempo di elezione e poi sparire nel nulla. Il Sud è attualmente più arretrato del Nord e la questione meridionale tiene banco da 150 anni, ok. Ma chi l’ha detto che le cose non possono cambiare? Chi l’ha detto che le nostre potenziali sono minori di quelle della Padania? Il cammino è lungo e faticoso, ma sono convito che non si possa più permettere che a decidere la strada siano sempre i soliti spreconi che ci hanno governato: favoriamo il ricambio generazionale, lanciamo la rivoluzione della buona politica proprio da qui, dal “malfamato, mafioso e sprecone” Sud. Le potenzialità non mancano, ma servono molta, molta buona volontà e tanta caparbietà. Perché il nostro futuro sia migliore del nostro passato.

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Linee Tirrenia, l’oro naviga sul mare? Storia di una privatizzazione all’italiana

postato il 1 Luglio 2010

di Gaspare Compagno

La Tirrenia, la storica compagnia di navigazione, sta viaggiando verso la fine della sua odissea.
In questi giorni, infatti, si chiuderà all’italiana una vicenda iniziata dall’UE e che sarebbe piaciuta immensamente a Tommasi di Lampedusa autore della frase “perchè tutto resti come è, tutto deve cambiare”.
Ma cosa accade in questi giorni?

La Tirrenia è una società formata da Tirrenia di Navigazione S.p.A. e da Sicilia Regionale Marittima S.p.A. ed è gestita dallo Stato che anno per anno ripiana i debiti.
A questo punto interviene l’UE che impone la privatizzazione della compagnia: vuole togliere la mano pubblica, e dopo un anno di concorsi pubblici, gare, interviste e altro ancora, il risultato quale è?
Di nuovo la mano pubblica, e quindi nulla nei fatti cambia.
Infatti la Tirrenia viaggia in acque finanziarie molto brutte, tanto da meritarsi l’appellativo di “Alitalia dei mari”, e da ben 25 anni la UE tenta di imporne la privatizzazione. Il nostro governo decide finalmente di procedere alla privatizzazione, ma alla sua maniera: salvare il salvabile con qualche trucchetto scaricando i costi sui cittadini.

Infatti, fin dall’inizio viene dichiarato che, chi si piglia la Tirrenia, con tutti i viaggi annessi e connessi, si “sposa” con una dote di 1,24 miliardi di euro, o, per dirla anche meglio, 1240 milioni di euro.
Perchè questa dote? Perchè i biglietti della Tirrenia sono venduti a prezzi calmierati, per la continuità territoriale che prevede il collegamento aereo o navale a tariffe agevolate per i residenti di isole o territori disagiati o poco collegati, ma non si preoccupa del modo o del tempo che si impiega per coprire la tratta interessata: giusto per dire, da Civitavecchia a Cagliari si impiegano 17 ore.
La continuità territoriale però costa cara: nel 2008, tanto per dire, gli italiani hanno sborsato di tasca propria 22 euro per ognuno dei 10,5 milioni di biglietti staccati dal gruppo.

Ma non basta e allora, oltre ai famosi 1240 milioni di euro di dote, lo Stato italiano, mette sul piatto altri benefit che servono a far durare la spesa, per il contribuente italiano, almeno fino al 2022 visto che il bando di privatizzazione, se così si può ancora chiamare, garantisce al compratore 72,6 milioni di aiuti pubblici l’anno per otto anni per Tirrenia e 55,6 (per 12 anni) per Siremar, la linea di navigazione regionale siciliana all’asta con la casa madre. Se sommiamo questi aiuti alla dote, arriviamo a quasi a 3 miliardi il conto pagato dagli italiani per tenera a galla le navi di Stato.

Intendiamoci, in alcuni casi le sovvenzioni sono necessarie: l’Italia è il paese europeo con il maggior numero di abitanti su isole (7,5 milioni) e alle isole minori (Pelagie, Gorgona, Eolie e Tremiti) va garantito un servizio di trasporto pubblico adeguato anche fuori stagione.
Però il problema è come vengono spesi questi soldi: su tre euro incassati da Tirrenia, uno arriva dalle casse dello Stato, e, a conti fatti, diventano oltre un miliardo tra il 2005 e il 2009. Ufficialmente si chiamano sovvenzioni di equilibrio, e coprono le perdite per i collegamenti anti-economici, ma in realtà sono la scusa per giustificare le inefficenze del gruppo. E non lo dico mica io, ma la stessa Tirrenia, quando nel piano industriale 2009-2014 afferma che il costo medio della forza lavoro è superiore del 24,6% rispetto a quello dei privati, per diventare superiore del 48% quando si va a considerare le linee locali (Toremar, Caremar, Saremar).

Il problema non è il numero dei dipendenti (calati dal 1989 al 2008 di 2587 unità, ovvero il 62,5% del totale), ma, la loro gestione, infatti fino a poco tempo fa ogni nave del gruppo aveva due equipaggi completi e ogni giorno di lavoro dava diritto a un giorno di riposo (oggi si è passati a 60 giorni a bordo e 30 a casa). E malgrado la riduzione del personale navigante un marinaio della Caremar costa ancora il 66% in più di quelli imbarcati sulle navi dei concorrenti privati.
L’altra faccia della medaglia è la flotta della Tirrenia. La società dichiara una flotta che conta 44 mezzi per un valore a bilancio di 855 milioni con ipoteche bancarie per 245.

Cosa c’è di strano in questa flotta? Che è fatta di navi ad alta tecnologia (dicono) ma con un’età media di 10 anni, unità veloci (dicono) già vecchie di 12, traghetti (e sono 28) che navigano da 25 anni, con tutti gli acciacchi anagrafici del caso. Non sono un esperto di alta tecnologia, ma se una nave ha una età di 25 o di 10 anni, proprio nuovissima non è. Ma la vera perla della flotta sono 6 navi costate 300 milioni di euro, ma mandate in disarmo (va da sé a spese dei contribuenti) poco dopo il varo. Possibile? Siamo in Italia, quindi si è possibile.Ecco la storia: inizio anni ’90, Tirrenia ordina ai Cantieri Rodriquez gli agili Guizzo e Scatto, due missili capaci di portare 120 auto e 450 passeggeri volando sulle onde a 40 nodi (quasi 70 all’ora). Peccato che una volta pagati e in acqua, queste spider del trasporto marittimo evidenziassero un problema forse non tanto marginale: non erano in grado di viaggiare con il mare mosso, addirittura queste due navi furono oggetto di una informativa rivolta al ministro dei trasporti dai parlamentari Becchetti e Bonaiuti. Il ministro all’epoca rispose che erano state riscontrate anomalie di funzionamento dei cuscinetti di rotolamento degli ingranaggi dei riduttori di giri dei motori principali.

Come sia, come non sia, resta il fatto che due navi strapagate, avevano difetti di fabrica: rottamate. Cinque anni dopo (tra il 1998 e il 2003) Tirrenia ordina a Fincantieri Aries, Scorpio, Taurus e Capricorn, navi costose (110 miliardi di lire l’una o 55 milioni di di euro) ma stabili, capienti e capaci grazie alle turbine derivate dai caccia militari di ridurre da 12 a 5 ore il tempo di traversata tra Genova e Golfo Aranci. Splendide. Ma con un un problema: consumavano 290 kg. di gasolio al minuto contro i 41 degli altri traghetti del gruppo, rendendo assolutamente antieconomico il loro utilizzo. Morale: le quattro ammiraglie sono state prepensionate come carrette dei mari qualsiasi e oggi sono ormeggiate a Genova, Arbatax e Napoli in condizioni precarie, con quattro marinai di servizio che provvedono ogni tanto ad accendere i motori tanto per oliare gli ingranaggi e gaudagnarsi il loro stipendio. La pioggia di aiuti di stato consente ogni anno a Tirrenia e alle sue compagnie regionali di chiudere i conti in utile, ma la verità però è che il bilancio, fa acqua da tutte le parti. I debiti consolidati a fine 2008, dopo le spese un po’ folli degli anni ’90, erano a quota 920 milioni di cui 311 a breve termine con le banche. Gli ultimi accordi sindacali hanno ridotto al livello dei concorrenti privati gli stipendi (scesi del 23%) per le tratte Genova-Porto Torres e Civitavecchia-Olbia, le due rotte più ricche e redditizie dove Tirrenia è stata svincolate d’estate dai vincoli tariffari. Il costo per il personale sulle linee regionali è calato però solo del 7%. E in vista della privatizzazione, segnala la Corte dei Conti, le consulenze sono cresciute del 63%.
E arriviamo ai giorni nostri. L’UE impone la vendita e si fanno avanti in 15, ma, appena vedono i conti, si defilano tutti, anche a causa dei dubbi della UE sui nuovi aiuti di Stato (quelli fino al 2022) e resta solo un unico acquirente, la Regione Sicilia e, se Bruxelles darà l’ok a questa privatizzazione, la società passerà da mani pubbliche (statali) a mani pubbliche (regionali) che hanno fatto sapere che vi saranno 211 esuberi
E i sindacati sono già sul piede di guerra. Come è che si diceva? Tutto cambia, perchè nulla cambi.

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Non dimentichiamo i risparmiatori Alitalia

postato il 24 Febbraio 2010

Alitalia, album di Rogimmidi Pier Ferdinando Casini

I risparmiatori Alitalia sono ancora in attesa di vedere realizzato l’impegno preso nel 2008 dal presidente del Consiglio. Il premier disse che non avrebbero perso un euro, l’ennesimo spot?
Da mesi l’Udc si sta battendo per il risarcimento degli obbligazionisti e piccoli azionisti, e in favore di chi vola con un servizio non sempre all’altezza. Il nostro emendamento al Milleproroghe prevedeva un rimborso integrale pari al valore nominale delle azioni e delle obbligazioni. Il governo l’ha ritenuto però inammissibile.
Alle centinaia di commentatori che hanno affollato il dibattito su questo blog e a tutti i risparmiatori in attesa di una risposta prometto che continueremo a batterci per ottenere giustizia.

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Alitalia, la voce dei risparmiatori

postato il 9 Febbraio 2010

Clouds over the Alps, di SainzUn post da noi pubblicato di recente, dal titolo “Alitalia: uno scandalo, una truffa o semplice pressapochismo italiano” ha scatenato un vivace botta e risposta tra i commentatori.

Nell’articolo Gaspare Compagno sottolinea: “Sia il premier che il ministro dell’Economia dichiararono ai telegiornali per tutta l’estate del 2008 che i risparmiatori sarebbero stati tutelati. E invece no, perché il rimborso delle obbligazioni avviene con titoli che verranno rimborsati nel 2012 senza interessi”. [Continua a leggere]

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Alitalia: uno scandalo, una truffa o semplice pressapochismo italiano?

postato il 2 Febbraio 2010

Turbulence, da Wtl photos“Riceviamo e pubblichiamo”
di Gaspare Compagno

Avete presente la vicenda del rimborso Alitalia? I famosi bond da rimborsare? Se pensavate che la questione fosse chiusa, vi sbagliavate di grosso. Vi è un nuovo capitolo che si appresta a scrivere il governo italiano tramite Lucio Malan del PDL che ha proposto un emendamento al decreto milleproroghe. [Continua a leggere]

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Riceviamo e pubblichiamo, il treno fantasma

postato il 7 Gennaio 2010

Bologna train station, di Paolo Màrgari

I treni fantasma esistono sul serio. Adesso qualcuno crederà che sono impazzito, che anche io come il “Belluca” di Pirandello abbia sentito “il treno fischiare” eppure, credetemi, è così. Solo che il treno, o meglio, i treni fantasma di cui parlo sono atipici. E sì, perché mentre nelle leggende metropolitane si parla di treni che passano in luoghi dove non dovrebbero, i nostri non lo fanno affatto, eppure esistono, almeno a voler credere al sito di trenitalia.

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Trasporti, l’Italia non s’è desta

postato il 30 Novembre 2009

Convergenze, foto di Iguana JoTra i problemi più sentiti dai cittadini, che in tanti hanno segnalato a questo blog, c’è quello dei trasporti pubblici. Le difficoltà maggiori le affrontano i pendolari che viaggiano per lavoro, spesso costretti a subire ritardi e inefficienze.
A Torino, nei giorni scorsi, si è riunito il Forum dei pendolari del Piemonte per analizzare le nuove soluzioni e le proposte relative ai bandi di gara del trasporto ferroviario.
In rete i pendolari sono molto organizzati: associazioni , comitati, siti che ne raccolgono i racconti .
Se le lamentele per i disservizi la fanno da padrone, sarebbe però un errore generalizzare. Ci sono infatti anche realtà d’eccellenza, dove la puntualità non desta meraviglia. E’ anche vero che le differenze sono spesso geografiche. E l’Italia appare ancora un Paese a due velocità, come testimoniano i vostri racconti. [Continua a leggere]

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Dite la vostra: disagi per chi vola

postato il 20 Agosto 2009

L’estate è una stagione cruciale per i viaggi. E per chi si sposta le difficoltà, che già non mancano in altri periodi dell’anno, aumentano. In particolare per chi vola. Basta un giro tra i vari forum in rete per raccogliere difficoltà, rabbia e rassegnazione dei viaggiatori dell’aria. [Continua a leggere]

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