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Ue: Casini, cambi musica delle politiche economiche

postato il 22 Ottobre 2013

Signor Presidente,
abbiamo sentito dalla sua relazione che il Consiglio europeo ha tanta carne al fuoco, forse troppa, ma speriamo che almeno si possa cucinare qualcosa: economia digitale, mercato unico delle telecomunicazioni, apertura dei mercati e dei servizi, sostegno alle piccole e medie imprese, unione economica e monetaria e unione bancaria. Ci auguriamo, come Gruppo parlamentare, che oltre ai titoli si arrivi veramente a qualcosa di concreto perché abbiamo una malattia grave che si aggira per l’Europa. È l’antieuropeismo, che si salda ai vari movimenti populisti, e noi dobbiamo trasmettere l’immagine di un’Europa percepita. Un’Europa è percepita solo se risolve i problemi dei cittadini.
Il tema dei giovani è un banco di prova importante e io ritengo fondamentale l’impegno del Governo a presentare, entro pochi giorni, il piano nazionale per l’attuazione della garanzia dei giovani in modo che dal primo gennaio del prossimo anno possa partire l’iniziativa europea per l’occupazione.
Come sapete, colleghi, il dibattito è contingentato e pertanto desidero soffermarmi molto rapidamente su tre punti. Il primo. Papa Francesco – lei lo ha richiamato – parla di europeizzazione dell’indifferenza. È necessario, come Governo e come Italia, che in questo Consiglio ci concentriamo per sollecitare un piano di intervento straordinario nel Mediterraneo.
Questa mattina ho letto l’intervista della commissaria Malmström. Lei l’ha ringraziata. Ha fatto bene a ringraziarla. Il commissario ha ricordato che le richieste di asilo in Italia sono scarse rispetto ad altri Paesi e ha chiesto di migliorare le condizioni del centro di accoglienza di Lampedusa. Sono d’accordo con lei su entrambe le questioni. Francamente, però, ritengo del tutto inadeguato il tono che ella ha usato all’indomani di una tragedia che ha messo in luce il ruolo dell’Italia e la solidarietà dei nostri cittadini nei confronti di chi soffre. Siamo stati gli unici a mettere in campo un’iniziativa concreta come quella della missione Mare nostrum. Non accettiamo che, all’indomani di una tragedia di questo tipo, si usi nei confronti del nostro Paese un tono così irriverente. Non è accettabile. È del tutto impropria la terminologia usata nei confronti del nostro Paese.
Sappiamo che bisogna fare di più, che bisogna mettere in atto la rete europea di sorveglianza delle frontiere esterne; sappiamo che bisogna rafforzare l’operatività di Frontex; sappiamo soprattutto che, se non facciamo cooperazione con i Paesi vicini, non capiamo la grande questione geopolitica su cui l’Europa è sola. Penso che a tutti voi sia chiaro che oggi la grande partita energetica ha cambiato i connotati anche dell’impegno americano rispetto al Mediterraneo: oggi gli Stati Uniti d’America sono in condizioni molto diverse da qualche anno fa, hanno un approvvigionamento energetico potenziale prospettiva che li rende molto meno dipendenti dalle questioni mediterranee.
Allora, dobbiamo gestire in prima persona un riflesso delle primavere arabe che rischia di essere drammatico per l’impatto con il Mediterraneo. Al riguardo dobbiamo far presente all’Europa che, come ha fatto tante cose per l’Est europeo all’indomani della caduta del Muro di Berlino, oggi c’è un’emergenza, quella del Mediterraneo; non è una questione italiana, non è solo nemmeno una questione umanitaria, è la questione fondamentale su cui l’Europa deve dimostrare se esiste e dare anche un segnale ai cittadini europei.
Cito testualmente le sue parole, presidente Letta, e arrivo al sodo di una questione che riguarda molto da vicino il ministro Saccomanni. Lei dice: «Abbiamo uno schema; il semestre europeo è uno schema di regole – il six pack, two pack – che stanno dando buoni risultati. La strada per uscire dalla crisi non è costruire nuove gabbie di procedura, monitoraggi, sanzioni». Poi dice: «Per me questo significa essere rigorosi con noi stessi, ma l’Europa deve cambiare la sua politica». Questo è il punto fondamentale.
Sono molto deluso dal fatto che, all’indomani della grande coalizione tedesca che si sta realizzando, il rischio è che non cambi lo spartito e che la musica sia sempre la stessa. Qui si chiedono nuove gabbie, nuove procedure, anche invasive rispetto alla determinazione delle politiche economiche, ma in cambio l’Europa cosa è disponibile a fare? È una questione fondamentale per noi, per l’Italia, perché il nostro Paese, con il Governo Monti prima e con il Governo Letta oggi, ha dimostrato di fare i sacrifici, di fare i compiti a casa. Ma noi abbiamo bisogno che cambi la politica europea, che non si parli solo in termini di rigore, peraltro funzionale in particolare alla Germania, ma che si cambi la musica che è assolutamente inadeguata.
Faccio un’ultima considerazione che rivolgo anche alla Presidenza del Senato, come alla Presidenza della Camera, nella mia qualità di Presidente della Commissione affari esteri: il 25 giugno 2013 abbiamo approvato un documento in quest’Aula che impegna l’Italia ad organizzare, entro l’inizio del 2014, prima dello svolgimento delle prossime elezioni per il Parlamento europeo, d’intesa con gli altri Stati e le istituzioni dell’Unione europea, l’assise sull’avvenire dell’Europa, vale a dire una grande conferenza dei Parlamenti nazionali e del Parlamento europeo. Onorevole Presidente, lei di questo non ha parlato. Noi siamo al suo fianco nel semestre, ma oggi dobbiamo sciogliere un nodo, che è un nodo istituzionale ma anche di serietà; ne abbiamo parlato con il presidente Chiti, in quanto coinvolge anche la sua Commissione. Organizzare questa assise nel semestre greco, prima delle elezioni europee, mi sembra molto difficile. Allora o ribadiamo questo impegno e ci muoviamo con grande celerità anche sul piano parlamentare per non organizzare solo l’ennesima riunione ma per creare un evento europeo come quello che Mitterand organizzò nel 1990 che aprì la strada al Trattato di Maastricht ed alle nuove grandi conquiste europee (ma se vogliamo organizzarla nel giro di tre mesi c’è l’assoluta necessità di partire cambiando ritmo) oppure organizziamola nel semestre europeo verso fine anno avendo un lasso di tempo più ampio. Credo che questa sia una questione molto importante connessa agli impegni del semestre europeo.

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Far cadere il governo è pura irrazionalità politica

postato il 11 Settembre 2013

Errore politico un’azione militare in Siria

L’intervento integrale

Signor Presidente del Senato, signor Presidente del Consiglio,
dividerò in due parti il mio breve intervento, seguendo la traccia dell’informativa del presidente Letta: le prime riflessioni sono sulla dichiarazione finale del Vertice di San Pietroburgo per la crescita e l’occupazione, mentre la seconda parte affronterà il tema della Siria.
Vorrei evitare di ripetere le considerazioni che il Presidente ha svolto, poiché tutti noi abbiamo conoscenza della questione e dei termini in cui essa si presenta al Parlamento, ma vorrei riassumere il tutto con una frase: è molto difficile rialzarsi, ma è molto facile compromettere i risultati in un solo momento.
Signor Presidente del Consiglio, sappiamo che se lei si è presentato a San Pietroburgo con le carte in regola, questo è stato prima di tutto grazie al sacrificio degli italiani e poi allo strumento con cui questi sacrifici si sono realizzati: sono state le azioni conseguenti, coerenti e dolorose, che il governo Monti prima e il Governo che ella presiede oggi, coerentemente hanno messo in atto per il risanamento del bilancio pubblico e per il rilancio del nostro Paese. Tutto quello che dovesse intervenire oggi a bloccare questo lavoro, rendendo vani i sacrifici degli italiani, si configurerebbe come un atto di pura irresponsabilità politica.
Per questo, lo dico con franchezza, guardando in faccia i colleghi degli altri Gruppi politici, ci rendiamo conto che la situazione è delicata per tante ragioni, che coinvolgono personalità politiche importanti e fondamentali per alcune aree in particolare.
Ma noi riteniamo che queste incomprensioni debbano essere superate facendo leva sul rispetto delle regole dello Stato di diritto, sul rispetto che sempre si deve nutrire per i membri del Parlamento, in particolare – per chi tali li ritiene – per gli avversari politici, ma nulla può responsabilmente compromettere l’esito di questo Governo. Lo sforzo che gli italiani stanno facendo suo tramite non può essere interrotto e, soprattutto, non può essere vanificato. E voglio dire anche un’altra cosa rivolgendomi al ministro Saccomanni.
Non mi è piaciuto lo spettacolo estivo di un Ministro che viene tirato per la giacca dagli uni e dagli altri rendendogli ancora più complicato il lavoro che, responsabilmente e con spirito di servizio, sta facendo per il nostro Paese. Voglio esprimere a lei, signor Ministro, la solidarietà mia e del mio Gruppo. E’ il Governo Letta non è il secondo tempo della nostra campagna elettorale: è un Governo di compromesso politico, perché così è inevitabilmente.
Ci sono punti che stanno più a cuore al centrodestra e punti che stanno più a cuore ad altre parti politiche, ma dobbiamo dare a chi ci governa il compito di fare una sintesi perché se su ogni questione siamo all’ultima spiaggia diventa impossibile per chiunque governare e credo che nessuno, purtroppo, abbia la bacchetta magica. Questo è quasi tutto. Dopodiché siamo d’accordo sul coinvolgimento delle parti sociali, sul fatto che bisogna abbinare rigore e crescita, sulla necessità che la lotta all’evasione fiscale e alle elusioni vengano poste in essere al livello planetario perché altrimenti è impossibile che ciascun Paese possa efficacemente affrontare la questione.
In ordine all’ultima considerazione che intendo fare sul primo capitolo, siamo fortemente convinti che bisogna fare uno sforzo per abbassare le tasse sul lavoro. Sul tema del cuneo fiscale l’Italia si è impegnata. Sono importantissime sia le misure sull’IMU che il blocco dell’aumento dell’IVA, ma oggi c’è la necessità di dare un drastico segnale sul tema del cuneo fiscale e delle tasse sul lavoro.
Quanto al secondo punto, cioè la Siria, vorrei essere non diplomatico, ma – se è possibile – abbastanza brutale. La posizione italiana è ineccepibile ed è frutto della convergenza tra il Parlamento e il Governo. Se l’Italia ha potuto testimoniare in sede di G20 e in sede di ONU e di Europa una posizione coerente e lineare è stato perché il 27 agosto, nelle Commissioni congiunte affari esteri di Camera e Senato c’è stata una convergenza di tutte le parti politiche.
Non ci sono state divisioni tra maggioranza e opposizione, non dico tra destra e sinistra, ma – ripeto – tra maggioranza e opposizione. Non ci sono state diversità. Noi riteniamo che sia un errore politico di primaria grandezza un’azione militare verso la Siria. E voglio essere brutale. Qui non c’è uno Stato combattuto da democratici e liberali che vogliono sostituire al despota qualcosa di migliore. Qui c’è uno Stato terroristico combattuto da bande terroristiche.
Questo è testimoniato in modo straordinario proprio da Domenico Quirico nel suo reportage che ha fatto ieri per la stampa. Se si fosse intervenuti con preveggenza un anno è mezzo fa si sarebbero evitati i profughi, i morti, ma soprattutto si sarebbe potuta modellare l’opposizione siriana incanalandola secondo binari costruttivi. Questo non si è fatto perché c’è stata un’incertezza, una inadeguatezza, una incapacità di visione. Oggi intervenire dopo che tanti crimini sono stati perpetrati, di tutte le nature e di tutte le modalità, con armi chimiche, ma non solo, dal regime e non solo da questo, anche dalle bande terroristiche che al regime si contrappongono, significa andare a incendiare irresponsabilmente ancora di più un Paese.
Sotto voce dico ai colleghi che vorrei tanto sapere che cosa pensano gli israeliani nel proprio intimo, e non attraverso dichiarazioni pubbliche, della possibilità di avere a fianco, a qualche chilometro dai loro confini, non un nemico che conoscono molto bene, ma un Paese in cui scorazzano bande terroristiche di Al Qaeda.
Noi abbiamo fatto un percorso giusto. L’Italia, questa volta, ha finalmente assunto una posizione che non va modificata di una virgola. Capisco qualche imbarazzo che il nostro Presidente del Consiglio deve aver avuto al G20, essendo stato strattonato da una parte e dall’altra. La nostra posizione, però, è emersa cristallina perché è giusta.
Noi diciamo che, senza un coinvolgimento dell’ONU, non ci può essere una nostra presenza in alcuna azione. Ma che cosa vuol dire questo? Traduciamolo in parole povere. Vuol dire che, se la Russia e gli Stati Uniti non si mettono d’accordo, e cioè l’ONU non si pronuncia, diventa irresponsabile un’azione unilaterale. Essa, tra parentesi, scatenerebbe una sorta di guerra strisciante tra Russia e Stati Uniti sulla vicenda del Medio Oriente e noi abbiamo bisogno della Russia. Abbiamo bisogno della Russia per la Siria. Abbiamo bisogno della Russia per l’Iran. Abbiamo bisogno della Russia per governare un’area di instabilità. Le primavere arabe ci hanno consegnato una situazione in cui si è dispersa quella statualità dei singoli Stati a cui eravamo abituati a rapportarci. Questo è capitato in Libia. Diciamo la verità: le riluttanze di Berlusconi erano giuste allora e probabilmente non sono state percepite.
Alla fine oggi che cosa abbiamo? Abbiamo una instabilità ingovernabile a qualche chilometro dalle nostre coste.
Vorrei far notare ai colleghi – amo il Parlamento e il parlamentarismo – che questa volta i Parlamenti hanno battuto un colpo e mi riferisco non solo a quel poco che modestamente abbiamo potuto fare noi. Non avevamo problemi con il Governo perché la ministro Bonino è stata ineccepibile in Commissione e anche in Aula. Ma i Parlamenti hanno parlato in Gran Bretagna, nella culla del parlamentarismo, dove non capita mai che un Governo venga messo in minoranza.
Negli Stati Uniti, in quest’ultime ore, si sta ancora contrattando.
Parliamo di riforme costituzionali. In un sistema presidenziale per eccellenza il Presidente in capo, il Capo delle Forze armate, deve parlare con l’ultimo parlamentare. Ma questa non è una debolezza. È la ricchezza della democrazia e del Parlamento a cui noi tante volte non riusciamo ancora in qualche modo ad essere consapevoli. Eppure, questo è il ruolo del Parlamento.
La ringrazio, Presidente, della sua tolleranza. Termino l’intervento dicendo che Ginevra 2 è una pagina davvero giusta. Dobbiamo spingere per Ginevra 2 e dobbiamo riflettere sul grande messaggio di Papa Francesco. In quella piazza, dove erano presenti il ministro Mauro e altre personalità, si è realizzato veramente un momento di grande riflessione anche sull’esistenza e il ruolo della politica.

 

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Ospite di Rtl 102.5

postato il 7 Febbraio 2013
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A ‘L’Ultima Parola’

postato il 12 Gennaio 2013

Ospite della trasmissione di Gian Luigi Paragone

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L’intervista al Tg5

postato il 10 Gennaio 2013

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Tra Pdl e Lega accordo della disperazione

postato il 8 Gennaio 2013


Quello tra Lega e Pdl e’ un accordo della disperazione, ma gli elettori vedono che la campagna elettorale pone due possibilità: Bersani o Monti, il resto e’ un deja vu un pò triste. Non si capisce chi tra Berlusconi, Tremonti e Alfano sia il candidato vero, dobbiamo fare una caccia al tesoro per capirlo. Berlusconi aveva detto che c’era bisogno di chiarezza e ora hanno fatto un’operazione così chiara che da stasera ci sono tre candidati del Pdl e della Lega.

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A La Telefonata di Belpietro

postato il 7 Gennaio 2013

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Il primato della questione sociale

postato il 1 Gennaio 2013

Pubblichiamo il video e il testo integrale del discorso di fine anno del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

Un augurio affettuoso a tutti voi, uomini e donne d’Italia, che vivete e operate in patria e all’estero, e in particolare a quanti servono da lontano la nazione, in suo nome anche rischiando la vita, come nelle missioni di pace in tormentate aree di crisi.

Mi rivolgo a voi questa sera nello stesso spirito del mio primo messaggio di fine anno, nel 2006, e di tutti quelli che l’hanno seguito. Cercherò cioè ancora una volta di interpretare ed esprimere sentimenti e valori condivisi, esigenze e bisogni che riflettono l’interesse generale del paese. Guardando sempre all’unità nazionale come bene primario da tutelare e consolidare.In questo spirito ho operato finora, secondo il ruolo attribuito dalla Costituzione al Presidente della Repubblica. Anche e ancor più in questo momento, alla vigilia di importanti elezioni politiche, non verranno da me giudizi e orientamenti di parte, e neppure programmi per il governo del paese, per la soluzione dei suoi problemi, che spetta alle forze politiche e ai candidati prospettare agli elettori.

Muoverò piuttosto dal bisogno che avverto di una considerazione più attenta e partecipe della realtà del paese, e di una visione di quel che vorremmo esso diventasse nei prossimi anni.

Parlo innanzitutto di una realtà sociale duramente segnata dalle conseguenze della crisi con cui da quattro anni ci si confronta su scala mondiale, in Europa e in particolar modo in Italia. Da noi la crisi generale, ancora nel 2012, si è tradotta in crisi di aziende medie e grandi (e talvolta, dell’economia di un’intera regione, come ho constatato da vicino in Sardegna), si è tradotta in cancellazione di piccole imprese e di posti di lavoro, in aumento della Cassa Integrazione e della disoccupazione, in ulteriore aggravamento della difficoltà a trovare lavoro per chi l’ha perduto e per i giovani che lo cercano. Per effetto di tutto ciò, e per il peso delle imposte da pagare, per l’aumento del costo di beni primari e servizi essenziali, “è aumentata l’incidenza della povertà tra le famiglie” – ci dice l’Istituto Nazionale di Statistica – specie “quelle in cui convivono più generazioni…. Complessivamente sono quasi due milioni i minori che vivono in famiglie relativamente povere, il 70 per cento dei quali è residente al Sud”.Ricevo d’altronde lettere da persone che mi dicono dell’impossibilità di vivere con una pensione minima dell’INPS, o del calvario della vana ricerca di un lavoro se ci si ritrova disoccupato a 40 anni.

Ma al di là delle situazioni più pesanti e dei casi estremi, dobbiamo parlare non più di “disagio sociale”, ma come in altri momenti storici, di una vera e propria “questione sociale” da porre al centro dell’attenzione e dell’azione pubblica. E prima ancora di indicare risposte, come tocca fare a quanti ne hanno la responsabilità, è una questione sociale, e sono situazioni gravi di persone e di famiglie, che bisogna sentire nel profondo della nostra coscienza e di cui ci si deve fare e mostrare umanamente partecipi. La politica, soprattutto, non può affermare il suo ruolo se le manca questo sentimento, questa capacità di condivisione umana e morale. Ciò non significa, naturalmente, ignorare le condizioni obbiettive e i limiti in cui si può agire – oggi, in Italia e nel quadro europeo e mondiale – per superare fenomeni che stanno corrodendo la coesione sociale.

Scelte di governo dettate dalla necessità di ridurre il nostro massiccio debito pubblico obbligano i cittadini a sacrifici, per una parte di essi certamente pesanti, e inevitabilmente contribuiscono a provocare recessione. Ma nessuno può negare quella necessità : è toccato anche a me ribadirlo molte volte. Guai se non si fosse compiuto lo sforzo che abbiamo in tempi recenti più decisamente affrontato : pagare gli interessi sul nostro debito pubblico ci costa attualmente – attenzione a questa cifra – più di 85 miliardi di euro all’anno, e se questo enorme costo potrà nel 2013 e nel 2014 non aumentare ma diminuire, è grazie alla volontà seria dimostrata di portare in pareggio il rapporto tra entrate e spese dello Stato, e di abbattere decisamente l’indebitamento. C’è stato cioè un ritorno di fiducia nell’Italia, hanno avuto successo le nuove emissioni di Buoni del Tesoro, si è ridotto il famoso “spread” che da qualche anno è entrato nelle nostre preoccupazioni quotidiane.

E’ dunque entro questi limiti che si può agire per affrontare le situazioni sociali più gravi. Lo si può e lo si deve fare distribuendo meglio, subito, i pesi dello sforzo di risanamento indispensabile, definendo in modo meno indiscriminato e automatico sia gli inasprimenti fiscali sia i tagli alla spesa pubblica, che va, in ogni settore e con rigore, liberata da sprechi e razionalizzata. Decisivo è, nello stesso tempo e più in prospettiva, far ripartire l’economia e l’occupazione non solo nel Centro-Nord ma anche nel Mezzogiorno ; cosa – quest’ultima – di cui poco ci si fa carico e perfino poco si parla nei confronti e negl’impegni per il governo del paese.Uscire dalla recessione, rilanciare l’economia, è possibile per noi solo insieme con l’Europa, portando in sede europea una più forte spinta e credibili proposte per una maggiore integrazione, corresponsabilità e solidarietà nel portare avanti politiche capaci di promuovere realmente, su basi sostenibili, sviluppo, lavoro, giustizia sociale. L’Italia non è un paese che possa fare, nel concerto europeo, da passivo esecutore ; è tra i paesi che hanno fondato e costruito l’Europa unita, e ha titoli e responsabilità per essere protagonista di un futuro di integrazione e democrazia federale, che è condizione per contare ancora, tutti insieme, nel mondo che è cambiato e che cambia.Guardiamo dunque a questa prospettiva. Sta per iniziare un anno ancora carico di difficoltà. Non ci nascondiamo la durezza delle prove da affrontare, ma abbiamo forti ragioni di fiducia negli italiani e nell’Italia. Più di un anno fa dissi a Rimini : si è nel passato parlato troppo poco “il linguaggio della verità”. Ma avere e dare fiducia “non significa alimentare illusioni, minimizzare o sdrammatizzare” i dati più critici della realtà : si recupera fiducia “guardandovi con intelligenza e con coraggio. Il coraggio della speranza, della volontà e dell’impegno”.

Ebbene, penso che una maturazione in questo senso ci sia stata, specialmente tra i giovani. Sono loro che hanno più motivi per essere aspramente polemici, nel prendere atto realisticamente di pesanti errori e ritardi, scelte sbagliate e riforme mancate, fino all’insorgere di quel groviglio ed intreccio di nodi irrisolti che pesa sull’avvenire delle giovani generazioni. I giovani hanno dunque ragioni da vendere nei confronti dei partiti e dei governi per vicende degli ultimi decenni, anche se da un lato sarebbe consigliabile non fare di tutte le erbe un fascio e se dall’altro si dovrebbero chiamare in causa responsabilità delle classi dirigenti nel loro complesso e non solo dei soggetti politici.

E che dire poi dell’indignazione che suscitano la corruzione in tante sfere della vita pubblica e della società, una perfino spudorata evasione fiscale o il persistere di privilegi e di abusi – nella gestione di ruoli politici ed incarichi pubblici – cui solo di recente si sta ponendo freno anche attraverso controlli sull’esercizio delle autonomie regionali e locali?Importante è che soprattutto tra i giovani si manifesti, insieme con la polemica e l’indignazione, la voglia di reagire, la volontà di partecipare a un moto di cambiamento e di aprirsi delle strade. Perché in fondo quel che si chiede è che si offrano ai giovani delle opportunità, ponendo fine alla vecchia pratica delle promesse o delle offerte per canali personalistici e clientelari. E opportunità bisogna offrire a quanti hanno consapevolezza e voglia di camminare con le loro gambe : bisogna offrirle soprattutto attraverso politiche pubbliche di istruzione e formazione rispondenti alle tendenze e alle esigenze di un più avanzato sviluppo economico e civile.

Prospettare una visione per il futuro delle giovani generazioni e del paese è importante fin da ora, senza limitarsi ad attendere che nella seconda metà del 2013 inizi una ripresa della crescita in Italia e adoperandosi perché si concretizzi e s’irrobustisca.

Ritengo si debba puntare a una visione innanzitutto unitaria, che abbracci l’intero paese, contando sulla capacità di tutte le forze valide del Mezzogiorno di liberarsi dalla tendenza all’assistenzialismo, dai particolarismi e dall’inefficienza di cui è rimasta assurdamente vittima la gestione dei fondi europei.

Più in generale, una rinnovata visione dello sviluppo economico non può eludere il problema del crescere delle diseguaglianze sociali. Si riconosce ormai, ben oltre vecchi confini ideologici, che esso è divenuto fattore di crisi e ostacolo alla crescita proprio nelle economie avanzate. Porre in primo piano quel problema diventa sempre più decisivo.

Nello stesso tempo, in momenti impegnativi di scelta come quello della imminente competizione elettorale è giusto guardare all’Italia che vorremmo nella pienezza dei suoi valori civili e culturali. E quindi come paese solidale che sappia aver cura dei soggetti più deboli, garantendoli dal timore della malattia e dell’isolamento, che sappia accogliere chi arriva in Italia per cercare protezione da profugo o lavoro da immigrato e offrendo l’apporto di nuove risorse umane per il nostro sviluppo. Paese, quindi, l’Italia, da far crescere aperto e inclusivo : già un anno fa, avevamo 420 mila minori extracomunitari nati in Italia – è concepibile che, dopo essere cresciuti ed essersi formati qui, restino stranieri in Italia? E’ concepibile che profughi cui è stato riconosciuto l’asilo vengano abbandonati nelle condizioni che un grande giornale internazionale ha giorni fa – amaramente per noi – documentato e denunciato?

Ripresa e rilancio dell’economia e avanzamento civile del paese non possono separarsi. Abbiamo norme e forze dello Stato seriamente dedicate alla lotta contro la criminalità organizzata, piaga gravissima non solo nel Mezzogiorno : ma occorre portare a fondo questo impegno facendo leva sull’apporto vigoroso di energie della società civile per spazzare via ogni connivenza e passività.Stiamo facendo, si deve dirlo, passi avanti nel campo dei rapporti e dei diritti civili. Così con la legge che ha sancito l’equiparazione tra i figli nati all’interno e al di fuori del matrimonio, e segnalato esigenze di ulteriore adeguamento del diritto di famiglia. O con le nuove normative di questi anni per contrastare persecuzioni e violenze contro le donne. Ho appena firmato la legge di ratifica della convenzione internazionale rivolta anche a combattere la violenza domestica: ma è impressionante, e richiede ancora ben altro, lo stillicidio di barbare uccisioni di donne nel nostro paese.

Più che mai dato persistente di inciviltà da sradicare in Italia rimane la realtà angosciosa delle carceri, essendo persino mancata l’adozione finale di una legge che avrebbe potuto almeno alleviarla. Saluto, tuttavia, con compiacimento il fatto che per iniziativa della Commissione parlamentare istituita in Senato si stia procedendo alla chiusura – cominciando dalla Sicilia – degli Ospedali psichiatrici giudiziari, autentico orrore indegno di un paese appena civile.

Ponte decisivo tra sviluppo economico e avanzamento civile è la valorizzazione, in tutti i suoi aspetti – a partire dal patrimonio naturale ed artistico – della risorsa cultura di cui è singolarmente ricca l’Italia. E’ stato un tema su cui mi sono costantemente speso in questi anni. Apprezzo i buoni propositi che ora si manifestano a questo riguardo, ma non dimentico le sordità e le difficoltà in cui mi sono imbattuto in questi anni a tutti i livelli. C’è qui un punto non secondario della riflessione e del cambiamento da portare avanti.Vorrei tornare, ma non ne ho il tempo – e quindi li richiamo solo per memoria – anche su altri motivi di mio costante impegno durante il settennato. La sicurezza sui luoghi di lavoro, come parte di una strategia di valorizzazione del lavoro, che è condizione anche per il successo di intese volte a elevare la produttività e competitività del nostro sistema economico. O il ruolo del capitale umano di cui disponiamo, e le sue potenzialità su cui ho insistito guardando soprattutto a risorse scarsamente impiegate o non messe in condizione di esprimersi pienamente. E ancora una volta cito l’esempio di ricercatori, in particolare donne e di giovane età, che hanno dato di recente prove straordinarie in centri di ricerca europei come il CERN di Ginevra o l’ESTEC dell’Aja o, con scarsi mezzi e molte difficoltà burocratiche, in Istituti di ricerca nazionali. E qui non posso non rivolgere un pensiero commosso e riconoscente alla grande figura di Rita Levi Montalcini, che tanto ha rappresentato per la causa della scienza, dell’affermazione delle donne, della libertà e della democrazia.

In conclusione, mi auguro che molte questioni da me toccate e soprattutto il senso di un’attenzione consapevole e non formale alle realtà e alle attese sociali e civili del paese, trovino posto nella competizione elettorale. Mi attendo che ci sia senso del limite e della misura nei confronti e nelle polemiche, evitando contrapposizioni distruttive e reciproche invettive. In special modo su tematiche cruciali ancora eluse in questa legislatura – riforme dell’ordinamento costituzionale, riforma della giustizia – non si può dimenticare che saranno necessari nel nuovo Parlamento sforzi convergenti, contributi responsabili alla ricerca di intese, come in tutti i paesi democratici quando si tratti di ridefinire regole e assetti istituzionali.

Non si è, con mio grave rammarico, saputo o voluto riformare la legge elettorale ; per i partiti, per tutte le formazioni politiche, la prova d’appello è ora quella della qualità delle liste. Sono certo che gli elettori ne terranno il massimo conto.

Al loro giudizio si presenteranno anche nuove offerte, di liste e raggruppamenti che si vanno definendo. L’afflusso, attraverso tutti i canali, preesistenti e nuovi, di energie finora non rivoltesi all’impegno politico può risultare vitale per rinnovare e arricchire la nostra democrazia, dare prestigio e incisività alla rappresentanza parlamentare. Il voto del 24-25 febbraio interverrà a indicare quali posizioni siano maggiormente condivise e debbano guidare il governo che si formerà e otterrà la fiducia delle Camere.

Il senatore Monti ha compiuto una libera scelta di iniziativa programmatica e di impegno politico. Egli non poteva candidarsi al Parlamento, facendone già parte come senatore a vita. Poteva, e l’ha fatto – non è il primo caso nella nostra storia recente – patrocinare, dopo aver presieduto un governo tecnico, una nuova entità politico-elettorale, che prenderà parte alla competizione al pari degli altri schieramenti. D’altronde non c’è nel nostro ordinamento costituzionale l’elezione diretta del primo ministro, del capo del governo.

Il Presidente del Consiglio dimissionario è tenuto – secondo una prassi consolidata – ad assicurare entro limiti ben definiti la gestione degli affari correnti, e ad attuare leggi e deleghe già approvate dal Parlamento, nel solco delle scelte sancite con la fiducia dalle diverse forze politiche che sostenevano il suo governo. Il Ministro dell’Interno garantirà con assoluta imparzialità il corretto svolgimento del procedimento elettorale.

Le elezioni parlamentari sono per eccellenza il momento della politica. Un grande intellettuale e studioso italiano del Novecento, Benedetto Croce, disse, all’indomani della caduta del fascismo : “Senza politica, nessun proposito, per nobile che sia, giunge alla sua pratica attuazione”. E ancor prima aveva scritto, guardando all’ormai vicina rinascita della democrazia : “i partiti politici in avvenire si combatteranno a viso scoperto e lealmente… e nel bene dell’Italia troveranno di volta in volta il limite oltre il quale non deve spingersi la loro discordia”. L’insegnamento è anche oggi ben chiaro : il rifiuto o il disprezzo della politica non porta da nessuna parte, è pura negatività e sterilità. La politica non deve però ridursi a conflitto cieco o mera contesa per il potere, senza rispetto per il bene comune e senza qualità morale.

Con queste parole, mi congedo da voi. Ho per ormai quasi sette anni assolto il mio compito – credo di poterlo dire – con scrupolo, dedizione e rigore. Ringrazio dal profondo del cuore tutte le italiane e gli italiani, di ogni generazione, di ogni regione, e di ogni tendenza politica, che mi hanno fatto sentire il loro affetto e il loro sostegno.

A voi tutti, buon 2013!

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Auspico impegno diretto di Monti e di tanti italiani

postato il 23 Dicembre 2012


Auspico che ci sia un impegno diretto di Mario Monti e di tanti italiani che non possono più limitarsi a dire che la politica non va bene ma devono impegnarsi per migliorarla.
Ora si deve costruire per l’Italia qualcosa di serio.

Pier Ferdinando

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Pier Ferdinando Casini ospite di ‘Otto e mezzo’

postato il 19 Dicembre 2012

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