postato il 2 Dicembre 2013 | in "Politica"

Casini: «Senza Berlusconi neanche l’esecutivo ha più un alibi»

Il leader dell’Udc: sostenitori e avversari, abbiamo vissuto tutti alle sue spalle
Casini Pier Ferdinando

L’intervista a Pier Ferdinando Casini pubblicata su “Il Corriere della Sera”
di Daria Gorodisky

«La verità è che abbiamo vissuto tutti alle spalle di Silvio Berlusconi: tanto chi lo sosteneva, quanto chi lo ha avversato». Dice proprio così Pier Ferdinando Casini, senatore e leader dell’Udc. Il che può apparire affermazione abbastanza audace, fino a quando non continua «Nel senso che è stato un alibi per l’intera classe politica. Per il centrodestra, che non ha saputo costruire nulla perché si è affidato al suo carisma, e per l’opposizione, che solo in nome dell’antiberlusconismo ha cercato per anni di unire elementi che non possono stare insieme. Oggi però questo mantra è finito, anche se Berlusconi non va mai sottovalutato, e quindi dobbiamo dare tutti prova di grande maturità».

Dice che il centrodestra non ha costruito nulla: dunque Angelino Alfano non rappresenta una novità politica?
«Come si dice, lo scopriremo solo vivendo. Di Alfano mi convince molto la scelta a favore della stabilità di governo. Se vogliamo essere un Paese normale, le larghe intese non possono essere continua guerriglia intorno a Palazzo Chigi. Però c’è un aspetto che mi convince meno, cioè la mancanza di qualsiasi autocritica sulla storia di questi anni».

Per esempio?
«La destra non ha fatto né la rivoluzione liberale, né grandi riforme, e ha contribuito pesantemente alla devastazione dello Stato. Il federalismo in salsa leghista, ad esempio, è stato un obbrobrio: a suo tempo, noi siamo stati gli unici a non votarlo».

Lei apprezza il fattore stabilità, e tre giorni fa ha dichiarato che oggi il governo è più coeso. Eppure l’esecutivo è sempre più nel mirino delle forze di maggioranza, con spinte verso elezioni anticipate.
«Anche il governo non ha più alibi. Certo, in questi mesi è stato assediato da una parte della sua maggioranza non soltanto sull’Imu, ma anche con quegli atteggiamenti alla Brunetta. E adesso, da questo punto di vista, la maggioranza è più ristretta e potenzialmente più coesa. Però poi c’è il Pd: Renzi che svillaneggia gli alleati di Enrico Letta è un pessimo inizio… Le sue dichiarazioni sono quanto di più antigovernativo ci possa essere».

Crede che le condizioni che Matteo Renzi sta dettando al governo siano irrinunciabili, oppure magari solo temi di campagna elettorale per le primarie del Pd?
«Mi auguro che siano una concessione alle primarie, ma temo che siano una scelta. Se fossi Renzi, rifletterei bene: quella che gli può sembrare la carta vincente, rischia di essere invece la sua grande sconfitta. La storia europea è piena di politici che erano convinti di guadagnarsi la vittoria con le elezioni anticipate ma che poi hanno perso».

Tornando al governo, oggi le sembra più traballante?
«Ho letto il Wall Street Journal che parlava di “stabilità da cimitero”… Io non sono d’accordo: ieri il governo Letta era una scelta obbligata, oggi è artefice del proprio destino».

Prima citava l’lmu…
«C’è stato un accanimento da parte del Pdl: in tutto il mondo esiste la tassazione sulle case. Per me, eliminarla non era una priorità; però ora è inutile continuare a parlarne».

Quali sono le sue priorità?
«Riforma istituzionale e legge elettorale; spending review, lotta all’evasione, patto per la produttività abbinato a cuneo fiscale; federalismo, rinazionalizzando alcuni settori. E tasse: sento riecheggiare nel Pd la voce “patrimoniale”, ma i patrimoni sono già tassati. O vogliamo spingere all’esodo anche quei grandi capitali che restano ancora in Italia?»

Sono i temi che propongono tutti i partiti. Perché adesso, con il forte scontro in atto fra le principali forze di maggioranza, si dovrebbe fare quello che non si è riusciti a realizzare finora? Di riforma della legge elettorale, ad esempio, si discute da quasi un decennio.
«Perché, se non faremo queste riforme, il “vaffa” vero ce lo dirà la gente e non Beppe Grillo…».



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