Archivio per Agosto 2011

L’ultimo trucco di Tremonti: la tassazione delle rendite finanziarie

postato il 25 Agosto 2011

Tremonti è riuscito a fare l’ennesimo gioco degno del miglior illusionista: ci fa volgere lo sguardo in un punto, ci fa vedere una cosa e poi ne appare un’altra.

Un mago migliore di Silvan e di Copperfield, degno dei nostri applausi se non fosse che i suoi trucchi li paghiamo cari ed amari.

L’ultimo trucco di cui voglio parlare, è quello della tassazione sulle rendite finanziarie, passate dal 12,5% al 20%, tassazione che, afferma, non riguarderà i titoli di Stato. Ne siamo sicuri?

Secondo il tesoro dalla tassazione sulle rendite finanziarie al 20% si può ottenere un aumento di gettito annuo pari a 1,919 miliardi di euro, stando a quanto afferma la Relazione Tecnica.

Tutti credono che questa tassazione riguardi solo le contrattazioni di borsa, ovvero il capital gain, termine inglese per indicare i guadagni che si ottengono comprando e vendendo titoli finanziari.

Come funziona il capital gain? Il guadagno o la perdita su ogni operazione di vendita viene calcolato sottraendo al prezzo di vendita al netto delle commissioni il prezzo di acquisto (prezzo di carico o fiscale) comprensivo delle stesse. Quando un titolo azionario viene comprato in più tranche viene calcolato un prezzo medio in base alla media dei prezzi di ogni operazione d’acquisto, ponderata con le quantità. Quando in un solo giorno vengono effettuate più operazioni sia di acquisto che di vendita il prezzo medio di acquisto/vendita viene calcolato come la media dei prezzi di ogni acquisto/vendita ponderata per le quantità acquistate/vendute. Avremo un capital gain in caso di differenza positiva tra i valori finali di vendita e di acquisto. La contabilizzazione ai fini fiscali di un capital gain (plusvalenza) o di una perdita (minusvalenza) dipende dalla valuta con cui viene regolata l’operazione. Le minusvalenze possono essere compensate con le plusvalenze entro i successivi 4 anni. Questo regime riguarda i piccoli risparmiatori principalmente, perché dal 12,5% sono esclusi i grandi patrimoni, le partecipazioni rilevanti e le società finanziarie e bancarie che hanno un regime fiscale a parte (con una tassazione pari a circa il 49%).

Fin qui è tutto chiaro. Ma negli anni passati il governo dal capital gain ha preso poche centinaia di milioni, e se vi aggiungiamo l’andamento delle borse di queste settimane, dubito fortemente che si possa raggiungere la cifra prevista da Tremonti.

Allora il Ministro ha sbagliato i conti? Assolutamente no, perché l’aumento di tassazione non riguarda solo il capital gain, ma tutte le rendite finanziarie (parliamo sempre escludendo i grandi patrimoni e le società finanziarie che, come già detto, hanno un altro regime fiscale).

Cosa intendiamo quindi con rendita finanziaria?

Le rendite finanzierie sono tutti i proventi e gli interessi (attivi e passivi) che un prodotto finanziario può generare al momento della sottoscrizione, alla chiusura dell’anno di imposta o al momento del realizzo da parte delle persone fisiche, società di persone, ditte individuali, società di capitali ecc, per semplificare sia persone fisiche sia persone giuridiche.
Possono consistere a titolo di esempio, in azioni o  titoli di Stato, depositi di conto corrente, Bot, obbligazioni, mutui, riporti e contro termine e anche semplici impieghi di capitali diversi però dall’acquisto di partecipazioni al capitale di rischio di imprese.

Tremonti ha affermato che l’aumento di tassazione non riguarda i titoli di Stato, e su questo eravamo d’accordo, ma, siccome non mi tornavano i saldi previsti dal Ministro, mi sono documentato, e ho scoperto che in realtà, in caso di cessione di titoli di Stato la tassazione sarà al 20% come in generale per il capital gain. Volendo essere molto espliciti: i Bot e i Btp avranno l’ imposta al 12,5% se li si tiene fino alla scadenza, ma se sono venduti prima del tempo, si pagherà l’aliquota al 20%. Inoltre questa aliquota maggiore si pagherà anche sugli interessi che le obbligazioni pagano e sui dividendi erogati dalle azioni, andando quindi ad impattare non solo su chi negozia titoli, ma anche su chi li acquista e li mantiene per lunghi periodi di tempo.

A questo punto, i conti tornano, però è chiaro che l’aumento della tassazione sulle rendite finanziarie, non riguarda i grandi patrimoni e di certo non colpisce solo gli speculatori, ma anche i soliti noti.

Riceviamo e pubblichiamo Mario Pezzati

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Lo sciopero Cgil è un grande errore politico

postato il 24 Agosto 2011

Abbiamo salutato l’accordo tra Cgil, Cisl, Uil e Confindustria come un elemento estremamente positivo che dimostrava consapevolezza del proprio ruolo e grande responsabilità delle parti sociali.

Oggi, con la stessa onestà intellettuale, diciamo che per noi lo sciopero generale che la Cgil ha indetto è un grande errore politico. Serve ai falchi della Fiom e a quanti nell’attuale maggioranza non vedono di buon occhio l’unità del sindacato.

Sfilino pure Vendola, Ferrero e Di Pietro insieme alla Cgil, ma sappiano che tante cose possono impensierire Berlusconi, salvo uno sciopero generale che rischia di essere solo un grande regalo al fronte del conservatorismo politico e sociale. Ci auguriamo che il Pd abbandoni ogni ambiguità e scelga con nettezza da quale parte stare.

Pier Ferdinando

 

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Rassegna stampa, 24 agosto ’11

postato il 24 Agosto 2011
Dalle parti della maggioranza si accelerano i tempi in vista dell’approvazione della manovra finanziaria: il segretario del Pdl Alfano sta cercando di mediare tra le diverse posizioni nella coalizione di governo e tenta pure di aprire un dialogo con le opposizioni, lodando apertamente le proposte “responsabili” di Pd e Terzo Polo (che potete trovare su Europa); sul tavolo, però, ci sono la revisione delle pensioni e il taglio agli enti locali, provvedimenti che trovano un no secco da parte della Lega e un’incapacità del premier di ricucire fra le varie posizioni: non per nulla, oggi sui giornali trovate due interviste interessanti, a Stracquadanio su La Stampa e Urbani sul Messaggero, dalle quali si legge un invito a Berlusconi a sotterrare l’ascia da guerra e aprire a un governo di larghe intese. Perché se no, l’impossibilità di fornire risposte decise, aprirà le praterie del consenso moderato a noi e Montezemolo (che è da tutti considerato ormai un attore a pieno titolo della scena politica, ma sicuri che sia così? Leggete Feltri sul Giornale, intanto); e la colpa di tutto questo potrebbe essere addossata anche al Super Giulio, contro il quale il coordinatore Pdl, Sandro Bondi, indirizza una lettera aperta sul Foglio: da simbolo della rivoluzione liberale a simbolo della conservazione, il suo “rapporto negativo” con la Lega danneggia infatti tutta l’azione di governo (sempre a proposito di Tremonti, leggete uno squisito Ottone su La Repubblica). Cosa fare, dunque? Difficile dirlo. Noi ci proviamo partendo dai suggerimenti di tre commenti interessanti sui giornali di oggi: bisogna, per prima cosa, correggere i rapporti tra la Politica e l’Economia, rimarcando le reciproche sfere di interesse e sottolineando che, sì, il mercato è fondamentale, ma la politica è primaria (Spinelli su Repubblica); in secondo luogo, tenere sempre d’occhio i riposizionamenti che si stanno operando già in questi giorni (a partire dal popolo di Cl, Alfieri su La Stampa); terzo, cosa più importante, tornare a coltivare i nostri talenti e le nostre giovani ricchezze: per riscoprire veramente l’orgoglio di essere italiani (Toniolo sul Sole, fantastico).

Stretta sui tempi, sì entro il 4 settembre (Errico Marro, Corriere)

Pd e Terzo Polo: proposte diverse, per ora si marcia separati (Europa)

Manovra, Alfano tratta su previdenza e Iva (Alessandro Trocino, Corriere)

I frondisti Pdl in pressing, Alfano media (Francesco Cramer, Il Giornale)

Buttiglione: sui cattolici Pier Luigi non ha complessi (Il Messaggero)

Stracquadanio: “Se non si cambia governo tecnico” (Francesca Schianchi, La Stampa)

Urbani: “Silvio così non ce la fa guidi un governo di larghe intese” (Diodato Pirone, Il Messaggero)

Lettera senza sconti a Tremonti sul suo negativo rapporto con la Lega (Sandro Bondi, Il Foglio)

Scajola, Tremonti e le bucce di banana (Piero Ottone, La Repubblica)

Nella classe dirigente del futuro (Gianni Toniolo, Sole24Ore)

Luca, fuggi dalla Politica (Vittorio Feltri, Il Giornale)

Il partito libico (Stefano Menichini, Europa)

Il meeting Cl sismografo della politica (Marco Alfieri, La Stampa)

I sovrani della crisi (Barbara Spinelli, La Repubblica)

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Vengano messe all’asta le frequenze televisive

postato il 24 Agosto 2011

Nel pieno del dibattito sulla manovra finanziaria e su dove reperire i soldi e sui tagli da operare, c’è una proposta seria e concreta per reperire circa 3 miliardi di euro (euro più, euro meno): perché non vendere le frequenze televisive? Il governo ha tra le mani circa 6 frequenze nazionali di cui 5 per il digitale terrestre, mentre la sesta frequenza può veicolare la televisione in mobilità (il Dvbh)  visibile su cellulare o su un tablet.

Nel 2009, quando furono individuate queste frequenze si decise di regalarle agli editori nuovi o vecchi come Rai e Mediaset, che avessero certi requisiti. Ora, il 6 settembre prossimo, partirà la preselezione delle emittenti candidate ad ottenere le frequenze.
Giustamente l’on. Roberto Rao afferma: “un’asta per l’assegnazione delle frequenze tv digitali risponderebbe innanzitutto a un’esigenza di equità e trasparenza, principi che questo governo ha finora maltrattato. Siamo ancora in attesa di sapere perché sono state sottratte le frequenze da 61 a 69 solo alle emittenti locali e perché è stato consentito agli operatori nazionali già presenti sul mercato di partecipare al ‘beauty contest’ per i nuovi multiplex. Solo nei paesi dove la democrazia e dunque il pluralismo nel servizio pubblico radiotelevisivo non sono di casa viene concessa la possibilità di fare informazione in base a criteri discrezionali. Un conto è mettere tutti in condizione di aggiudicarsi questi spazi, un altro – conclude – è favorire i soliti noti: bella differenza, solo questo esecutivo fatica inspiegabilmente a coglierla”.

Si ricorda un precedente molto importante: la vendita delle frequenze per la telefonia mobile avvenute nel 2001. All’epoca il Garante per le Comunicazioni spiegò come assegnare agli operatori della telefonia un certo tipo di frequenze, suggerendo che le frequenze venissero date agli operatori attraverso una gara ad inviti stimando che si potessero ricavare circa 3000 miliardi (di lire). L’allora presidente del consiglio, Giuliano Amato, decise di non seguire il consiglio del Garante e procedette ad un’asta, con il risultato di ottenere la bellezza di 26.750 miliardi di lire (pari a 13 miliardi di euro), effetto proprio dell’asta competitiva. Purtroppo i tempi sono stretti, entro il 6 settembre si procederà all’inizio dell’assegnazione delle frequenze, ma questo non significa che i tempi non si possano spostare anche di poco tramite un emendamento.

Non dico che otterremmo quella cifra, ma sicuramente è lecito supporre che si possano ottenere 3 miliardi di euro e, in ogni caso, sarebbe sempre meglio e più equo, procedere ad un’asta piuttosto che regalare gratis questo piccolo tesoro di frequenze televisive.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati

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Gheddafi, ultimo atto.

postato il 23 Agosto 2011

Dopo oltre 150 giorni di combattimenti, caratterizzati da fortune alterne per entrambi gli schieramenti, sembra che per il Colonnello le ore siano ormai contate.

I combattenti del Comitato Nazionale di Transizione controllano ormai la capitale libica.

La Guardia Presidenziale, l’unità di elite del regime, si è arresa.

Radio e televisioni, che in questi mesi hanno propagandato la voce del regime chiamando il popolo al massacro degli oppositori, tacciono.

Fino a qualche ora prima dell’arrivo dei ribelli, hanno trasmesso nastri registrati dal Rais. Ora non sono più il megafono del regime.

A Tripoli la gente si è riversata nelle strade per accogliere i le milizie del C.N.T.: stridono nella memoria le immagini di un Gheddafi stanco che qualche settimana fa arringava poche centinaia di persone nella centralissima Piazza Verde, nel tentativo di mostrare al mondo la potenza di un regime già in caduta libera.

Sono state smentite le voci sul fatto che due figli del Colonnello siano prigionieri degli insorti: tra questi il secondogenito Saif al-Islam, che nei disegni del padre avrebbe dovuto prendere in mano le redini del regime.

Proprio in merito a ciò si apre una delicata questione politica: ora che la dittatura si appresta a vivere le sue ultime ore, tra defezioni sempre più numerose (ultima in ordine di tempo ma non certo di importanza, quella del comandante della Guardia Presidenziale), quale sarà la sorte dei funzionari e dei politici, specialmente di alto lignaggio, che in oltre 40 anni sono stati l’ossatura del regime?

Quale sarà la sorte del Rais se venisse catturato?

La Libia non aderisce infatti alla Corte Penale Internazionale: su di essa non grava alcun obbligo in merito all’estradizione del leader e dei suoi familiari.

I leader politici occidentali si sono spesi per ricordare agli insorti che la liberazione del Paese non deve trasformarsi in un bagno di sangue. Tuttavia lo scenario è molto complesso.

La struttura del potere in Libia, in questo simile a molti Stati del continente africano, si è articolata e consolidata negli anni grazie al clan da cui il Rais proveniva.

Del tutto disomogenea dal punto di vista clanico  si mostra la compagine di governo del C.N.T.: da un lato essa rappresenta in maniera più democratica la società libica, raccogliendo le istanze di quelle tribù escluse dal potere o vessate per decenni.

Nondimeno, sono evidenti due rischi molto gravi per la stabilizzazione del Paese: il primo è che il clan del Colonnello venga fatto oggetto a sua volta di feroci violenze a seguito delle inevitabili epurazioni dagli apparati amministrativi e di governo; il secondo invece coinvolge direttamente gli insorti, i quali potrebbero aprire un fronte interno, specialmente quando le contingenze della guerra saranno venute meno, per determinare i rapporti di forza nel post-Gheddafi.

Un segnale importante di quanto si rischi l’instabilità politica e di quanto la Libia sia divisa è data dall’intervento dei berberi del deserto contro i beduini del clan al potere.

La frattura non è solamente clanica, all’opposto anche etnica. I berberi, per anni posti ai margini della società libica, ora reclamano la propria parte nella vittoria: sono stati tra i primi a sollevarsi, partendo da minuscoli villaggi ai bordi del deserto, ma col tempo assestando colpi letali alle truppe lealiste che si trovavano ad operare con uno spazio di manovra sempre più ristretto.

Senza un intervento chiaro e legittimante da parte di quegli stessi Paesi che quasi sei mesi fa si sono assunti la responsabilità di mettere fine alla repressione, c’è il rischio che la nascente democrazia libica piombi in un nuovo medioevo di lotte fratricide. L’Italia sembra aver rinunciato a giocare quel ruolo determinante che è suo di diritto: è importante ricordarci che ciò che avviene a qualche centinaio di miglia a Sud delle nostre coste, rientra non solo nella nostra politica estera, ma è persino una priorità interna.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Federico Poggianti

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Rassegna stampa, 23 agosto 2011

postato il 23 Agosto 2011
Continua la strategia di “pressing” dell’Udc sul Governo: dopo l’intervista di Casini di ieri, si delinea la possibile convergenza in Parlamento tra maggioranza e opposizione, a costo dell’abbandono della Lega, che è sempre più in crisi nera. Il Senatur è preoccupato dai sondaggi che danno il suo partito in caduta libera e dalle lamentele sempre più forti che si sollevano dal territorio: ecco perché pensa di rilanciarsi abbandonandosi agli insulti e alla propaganda; torna addirittura la Padania (leggete dalla Padania, “Fratelli ce l’abbiamo fatta”: ma c’è o ci fa?), ma Berlusconi non ci sta e per la prima volta in 17 anni sconfessa ufficialmente il proprio alleato di governo con una nota di Palazzo Chigi: l’Italia è una sola e tale resterà. Trovate due analisi interessanti di questa “strategia” leghista sul Foglio e su Liberal: dallo “stronzo” che Bossi ha urlato a Casini si può capire che la “parabola” dei padani volge al termine (zero idee, zero progetti) e che quindi l’unica cosa che resta da fare è attaccare tutti quelli che stanno per superarti. I sondaggi dell’ultimo periodo, tra l’altro, lo confermano: Pdl e Lega, ad oggi, non supererebbero nemmeno il 30% e i consensi moderati travasano verso l’area del Terzo Polo (dato al 20%, anche se con l’apporto di Montezemolo) e addirittura verso il Pd. E mentre – come ci spiega Folli sul Sole – il baricentro del Paese si sta riorientando e si “riscopre” il Quirinale (leggete il bel commento di Macaluso al discorso di Napolitano di ieri), il Premier ha l’ultima occasione per giocarsi tutto, sostiene Sorgi su La Stampa. A nostro avviso, sbagliando: Berlusconi non ha più il polso della situazione e non crediamo proprio che (a meno di improbabili colpi d’ala) riuscirà a recuperarlo.

Mossa udc: molli il Senatur e avrà i voti. E il Pd presenta le sue controproposte (Alessandro Trocino, Corriere della Sera)

Buttiglione: “Bene Silvio, ma arriva in ritardo” (La Repubblica)

Rimini Meeting. Napolitano: «Svolta per crescere». La politica: proviamoci (Angelo Picariello, Avvenire)

Dopo il discorso del Presidente (Emanuele Macaluso, Il Riformista)

Se il baricentro del Paese si sposta al Quirinale (Stefano Folli, Sole24Ore)

Bossi: fratelli la Padania sta arrivando (Paolo Bassi, La Padania)

Insulti Padani (Il Foglio)

Pombeni: “Pernacchi ed insulti per coprire un vuoto, la Lega ha finito le idee” (Francesco Lo Dico, Liberal)

Angelino nella giungla pdl. Per Silvio la Padania non c’è (Alessandro Calvi, Il Riformista)

Emorragia di voti nel centrodestra. Pd e Terzo polo ne approfittano (Libero)

Obama, Nato, Francia. Chi ha vinto la guerra? (Luigi Offeddu, Corriere della Sera)

Ora il Premier si gioca tutto (Marcello Sorgi, La Stampa)

Nello Stato debole prosperano le P4 (Miguel Gotor, La Repubblica)

Lo scambio: Iva al 21% e niente supertassa (Antonio Signorini, Il Giornale)

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‘Berlusconi osi senza subire i veti di Bossi. Il Parlamento lo sosterrà’

postato il 22 Agosto 2011

Pubblichiamo da ‘La Stampa’ l’intervista a Pier Ferdinando Casini

di Ugo Magri

Roma – Berlusconi la smetta di giocare a nascondino. Prenda l’iniziativa. Rifiuti di subire i veti della Lega. E se troverà il coraggio di chiedere all’Italia i sacrifici necessari con misure veramente serie ed eque, allora troverà pure i voti che gli servono in Parlamento», assicura Pier Ferdinando Casini, leader del Terzo Polo.

Un momento, scusi: la manovra del governo non è già abbastanza severa? Qui si parla di 45 miliardi levati dalle nostre tasche…
«Intanto faccio notare che le tensioni interne alla maggioranza rischiano di rendere tutto quanto inutile, sacrifici compresi. L’Europa ci tiene d’occhio, certi atteggiamenti divaricati non sfuggono. Hanno fatto di corsa la manovra per dare un segnale ai mercati e a chi compra i nostri titoli di Stato, in primis la Bce. Ma oggi la babele di linguaggio nella maggioranza è tale che rischia di azzerare i vantaggi della rapidità».

Fantastico. E poi?
«La manovra è iniqua. Colpisce quanti non evadono nemmeno un euro. Non si capisce perché chi circola in yacht con un reddito dichiarato di 30 mila euro non debba pagare niente, e lo Stato se la prenda con i soliti che è più facile spennare».

Cioè i redditi sopra i 90 mila euro. Però il governo pare intenzionato a salvare chi ha figli a carico.
«Il quoziente familiare mi va benissimo, ma è la tassa che va levata. Colpisce il ceto medio e finisce per rendere addirittura più equa la patrimoniale».

Quindi pure lei la pensa come Montezemolo…
«Con tutto il rispetto per Montezemolo, già due mesi fa in Parlamento io dissi: chi più ha più deve dare. La patrimoniale è un nome odioso, ma un prelievo sulle grandi ricchezze sarebbe la cosa giusta».

Allora anche la Chiesa dovrebbe pagare l’Iva, dicono dal fronte laico…
«Ma che laicismo, questo è anticlericalismo d’accatto. Si ignora la straordinaria dimostrazione giornaliera di solidarietà da parte del volontariato, la supplenza che viene svolta nei confronti di uno Stato assente. Via, non si può considerare la Chiesa alla stregua di un imprenditore immobiliare…».

Torniamo alla manovra. Dove trovare le risorse per renderla più equa?
«Si potrebbe agire sull’Iva, piccolissimi aggiustamenti a livello di decimale sull’aliquota del 20 per cento. Oppure, meglio ancora, si possono fare quelle riforme strutturali che l’Europa ci chiede, e sono assenti da questa manovra. Incominciando dalle pensioni. L’adeguamento dell’età pensionabile alla durata della vita è ormai ineludibile, per uomini e donne».

Lei si sta attirando i fulmini della sinistra. [Continua a leggere]

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Rassegna stampa, 22 agosto 2011

postato il 22 Agosto 2011

Si ritorna, dopo una lunga assenza, a ragionare insieme di politica e cose di casa nostra. E lo si fa in “grande stile”, con una concentrazione niente male di articoli sull’Udc e Casini. Partiamo, allora, con l’intervista che il nostro Presidente ha rilasciato a Ugo Magri della Stampa, in cui assicura che se Berlusconi avrà il coraggio di smettere di giocare a nascondino e di prendere l’iniziativa lui, troverà nell’opposizione una sponda dialogante e collaborativa: questo è il tempo dei sacrifici e delle scelte impopolari, non ci può permettere di continuare a ciondolare e a cincischiare, rifiutando decisioni importanti e soprattutto difficili. Ma può, davvero, il premier riuscirci? Se continua a subire i veti della Lega (che è in grossi problemi, leggete Cundari dall’Unità), sicuramente no (anche perché da quelle parti sono grandi amanti del dialogo, come ci insegna Bossi). E non ci riuscirà nemmeno (come vi racconta Zuccolini sul Corriere) continuando un corteggiamento nei nostri confronti che non porta da nessuna parte (se per qualcuno non fosse chiaro: da nessuna parte). Da un Presidente a un altro, da Casini a Napolitano: ieri, il Capo dello Stato è intervenuto al Meeting di Cl a Rimini, tenendo un discorso alto e preciso, che ha rappresentato un duro attacco alle inconsistenti politiche dell’attuale governo: per aiutarvi in una sua comprensione più vasta possibile, vi indichiamo che su La Stampa potete trovarne ampi stralci; mentre su altri giornali ci sono delle opinioni interessanti: Cacace sul Messaggero scrive di “ultimo avviso del Colle” (tutto sta per cambiare, nuove forze si stanno muovendo); Massimo Giannini esalta il forte richiamo alla “verità” espresso da Napolitano (memore della grande lezione della Arendt su verità e democrazia); il Giornale, infine, con un pezzo di Macioce insinua qualche dubbio sull’insolito rapporto tra la platea di Cl e il Presidente Napolitano (o “presidente condottiero”, come lo definisce Alfieri su La Stampa).

Casini: “Berlusconi osi senza subire i veti di Bossi. Il Parlamento lo sosterrà” (Ugo Magri, La Stampa)

Il Pdl continua a «corteggiare» l’Udc ma Casini conferma il no dei centristi (Roberto Zuccolini, Corriere della Sera)

Casini: grazie degli insulti così si vede la differenza (Il Messaggero)

La Lega tratta con il governo intanto ripesca la secessione (Francesco Cundari, L’Unità)

Napolitano – Il linguaggio della verità (La Stampa)

L’ultimo avviso del Colle (Paolo Cacace, Il Messaggero)

La strana passione di Cl per un ex Pci (Vittorio Macioce, Il Giornale)

Il Falò delle Verità (Massimo Giannini, La Repubblica)

E il Presidente “condottiero” conquista la platea (Marco Alfieri, La Stampa)

Romano – Strana guerra senza vincitori (Sergio Romano, Corriere della Sera)

Quello che Silvio non può dire (Vittorio Feltri, Il Giornale)

Montezemolo: “Il nuovo partito? Forse fra un anno e mezzo” (Sandra Riccio, La Stampa)

Intimidazione e disinformazione sui cattolici (Pierluigi Castagnetti, l’Unità)

Il ruolo forte della Chiesa (e un gesto per il Paese) (Aldo Cazzullo, Corriere)

Bottega padana (Andrea Cangini, QN)

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Ringrazio Bossi, evidenzia differenza tra noi

postato il 21 Agosto 2011

Bossi ieri mi ha insultato per l’ennesima volta. Non gli rispondo, anzi, lo ringrazio perché così è ancora più chiara la differenza tra noi.

Pier Ferdinando

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Ospite di SkyTg24

postato il 21 Agosto 2011
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